Si dice che l’imperatore cinese Chen Nung fosse così fissato per il rispetto dell’igiene che bevesse solo acqua bollita. Poi un giorno, nel lontano 2.737 a.C., mentre stava riposando all’ombra di un albero di tè selvatico, una leggera brezza fece cadere alcune foglie di tè nella sua tazza. La bevanda assunse un invitante colore ambrato. L’imperatore la provò e scoprì che la bevanda era deliziosa e regalava un’indicile sensazione di benessere.
I cinesi raccontano con questa leggenda la nascita dell’uso di bere il tè, una delle bevande più antiche della terra, diffusa in tutti i continenti ma originaria proprio dell’Asia.
Prendi un 4X4, la savana che si estende a perdita d’occhio fino all’orizzonte, parchi immensi da attraversare punteggiate da piante di acacia, i “big five” dietro l’angolo… et voilà: ecco la ricetta del safari perfetto. Sapete, non è sempre così, o quantomeno esistono anche altre varianti oltre al più classico dei safari, come il mio safari in barca nel Parco Nazionale del Liwonde, in Malawi, con Africa Wild Truck.
Il Liwonde National Park, 580 km2 di superficie, è la più grande riserva naturale del Malawi. Si trova nell’estremità meridionale del Lago Malawi, lungo il fiume Shire, che attraversa il Malawi meridionale per poi giungere in Mozambico. Lungo questi corsi d’acqua si avventurò, a metà ‘800, anche David Livingstone, esploratore e filantropo, il primo europeo a “scoprire” il Lago Malawi e le cascate Vittoria, che contribuì non poco a ricostruire la carta dell’Africa centrale e l’idrografia del continente.
Se devo pensare a un aggettivo per descrivere il Marocco, mi viene subito alle labbra “affascinante”. Il fascino emanato dalle medinedelle città imperiali marocchine, dall’imponenza dei paesaggi, così diversi ma tutti suggestivi, magici, che ti lasciano senza parole, il fascino dei villaggi berberi, il fascino indiscutibile del deserto. Ma è anche il fascino dei suoi abitanti, apparentemente schivi e timidi di fronte alla macchina fotografica, ma poi subito pronti a un sorriso, a raccontarti storie, a offrirti un tè.
Dici safari e pensi subito a lei: all’Africa. Eh sì, perché questa questa forma di perlustrazione, viaggio e avventura contraddistingue solo il continente africano. Dall’Uganda al Kenya, dalla Tanzania allo Zambia o al Mozambico, fino in Sudafrica, viaggiare in questa parte del mondo non può prescindere dal fare un safari.
Safari in lingua swahili – la lingua parlata per la maggiore nell’Africa orientale – significa semplicemente “lungo viaggio“. La parola safari non c’entra nulla quindi con le battute di caccia di un tempo (che però – ahimè – ancora si fanno in alcune aree, come ad esempio in Botswana). Un viaggio, il safari, che è giustamente definito “lungo” perché spostarsi in Africa significa attraversare spazi immensi, distese che si allungano fino all’infinito.
Safari è contemplazione dello spettacolo della natura, è il trovarsi piombati all’interno di un documentario che prende vita proprio in quel momento, proprio davanti ai nostri occhi e noi siamo lì, ne facciamo parte.
Ma quali sono gli ingredienti fondamentali per un safari perfetto?
Secondo me sono questi:
1 – Macchina fotografica
Secondo me la macchina fotografica è la prima cosa da mettere in valigia prima di partire per un safari. Questo tipo di viaggio è infatti una vera e propria spedizione fotografica. Si deve tenere sempre il dito pronto a scattare, poiché, quando meno te lo aspetti, ti potresti trovare di fronte un elefante, una leone che rincorre un impala o qualche animale difficile da avvistare.
Per un safari è consigliata una reflex con teleobiettivo (più è potente meglio è), in grado di “avvicinare” i soggetti (in questo caso gli animali).
2 – Una buona guida per riconoscere gli animali
Se state facendo un safari significa che amate gli animali, quindi sicuramente vi interesserà imparare a riconoscerli o saperne di più su di loro. Il massimo è avere una guida esperta con voi sulla jeep (una guida in carne e ossa intendo), che vi istruisca al riguardo e che vi racconti tutto quello che volete sapere sul comportamento degli animali, sulle specie endemiche e su come distinguere una specie da un’altra. Una buona guida cartacea, ad esempio una guida sui mammiferi africani, è l’elemento complementare perfetto.
3 – Abbigliamento adeguato
Lasciate a casa i capi troppo colorati (disturbano gli animali e attraggono gli insetti), sintetici (potrebbe fare anche molto caldo) o jeans stretti. In safari si deve vestire comodi, indossare colori chiari (come il bianco, il kaki, il beige), a strati, e portare scarpe comode (le scarpe da trekking o sandali tecnici sono l’ideale). Dopo il tramonto è un must indossare maniche lunghe e pantaloni lunghi: zanzare in agguato!
4 – Spirito di adattamento
Forse la cosa più importante di tutte.
Vicino all’equatore il sole si alza presto (in Malawi alle 5.00 ero già in piedi perché appena il sole sorgeva la mia tenda si trasformava in un forno). Gli animali sono attivi soprattutto la mattina presto e la sera in prossimità del tramonto, quando fa meno caldo. Ergo in safari ci si sveglia all’alba. Magari (consigliatissimo!) si dorme in tenda, ci si imbatte in insetti di ogni genere, si potrebbe non trovare l’acqua calda e il wi-fi…
E cosa dovete lasciare a casa:
L’orologio – In mezzo alla savana, nel cuore dell’Africa, vi dimenticherete di averlo. Semplicemente non vi servirà. Lì avrete come l’impressione che il tempo non esista. Esiste solo il tempo meteorologico, quello sì che fa la differenza. La stessa strada che con il sole si può percorrere in qualche ora potrebbe volere un giorno di viaggio in caso di un acquazzone o durante la stagione delle piogge.
Il cellulare – Molto probabilmente dove sarete non ci sarà campo o tanto meno connessione wi-fi. E poi sarete talmente rapiti dallo spettacolo intorno a voi che non vi verrà in mente di consultare il vostro smartphone (almeno spero).
Murrebuè, un puntino minuscolo in mezzo al nulla, dall’alto si vedono solo palme e spiaggia. Nient’altro. Solo il blu del mare, il giallo della spiaggia intervallato qua e là da qualche puntino di verde. Così mi era apparso su Google Maps la prima volta che l’avevo cercato, mossa dalla curiosità.
È in questo angolo di natura selvaggia, completamente fuori dalla civiltà, che mi ha portato il mio viaggio nel nord del Mozambico. Un paese immenso, sterminato e in gran parte dominato da una natura inviolata, un paese dove il turismo di massa non è ancora arrivato (e dove spero non arrivi mai, anche se la vedo dura), dove la lingua portoghese che si incontra con l’africanità rende tutto più dolce, più familiare.
Social media specialist e web writer, appena posso faccio la valigia e parto. A novembre 2014 ho deciso di cambiare vita: ho mollato il mio lavoro e sono partita da sola zaino in spalla per 5 mesi nel Sud-Est Asiatico. Così è nato #ClamoreInAsia!