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città asiatiche

Scoprendo Pechino

Ingrediente fondamentale di un viaggio lungo la Transiberiana è l’attesa e l’emozione in vista dell’arrivo, il raggiungimento della meta agognata, la conquista del capolinea. Per me ha corrisposto con Vladivostok, l’estrema propaggine russa sull’Oceano Pacifico. Ma non mi sono accontentata.

Dopo aver percorso i 9.289 km che separano Mosca dal Pacifico (in realtà anche qualcuno di più essendo partita da San Pietroburgo), ho deciso di fare rotta sulla Cina e sulla sua mastodontica capitale.

Pechino – o Běijīng che dir si voglia – è una meta dal passato ingombrante, una città impegnativa che richiede sforzo di tempo ed energie, ma che sprigiona un fascino immenso.

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A Ekaterinburg sulle tracce degli Zar

Il nome attuale è Ekaterinburg, anche traslitterato come Yekaterinburg, il nome con cui è internazionalmente nota, in omaggio alla Caterina moglie di Pietro il Grande, suo fondatore, e alla santa patrona russa delle miniere (questa è una zona ricca di giacimenti minerari). Dal ’24 al ’91 era però Sverdlovsk, in onore dell’eroe bolscevico Jakov Sverdlov, nome con cui è ancora chiamata la provincia di cui è capoluogo e spesso ancora utilizzato dalle ferrovie russe. Insomma, la faccenda è complicata (come spesso in un viaggio in Russia), ma la tappa è quasi obbligata.

Per chi viaggia dall’Europa all’Asia lungo la mitica Transiberiana, Ekaterinburg è la prima città asiatica che si incontra (se siete fortunati e attenti 40 km a ovest prima di arrivare in città potreste vedere, accanto ai binari, lo storico monumento bianco che segna il “confine” tra i due continenti) e che vale una sosta.

Ekaterinburg occupa un posto importante nella storia russa: qui furono infatti fucilati lo zar Nicola II, la moglie e i figli (il luogo della loro uccisione è oggi un monumento) e qui nacque Boris Eltsin, primo presidente post URSS.

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I 6 posti più bizzarri del Sud-est asiatico

Il bello del viaggiare sta anche nell’effetto sorpresa, trovare luoghi tanto diversi da quelli a cui siamo abituati da spiazzarci totalmente e farci restare senza parole. Ciò può valere in positivo, ma anche in negativo: alcuni luoghi sono capaci di stregarci o terrorizzarci.

Altri ancora possono avere un effetto ancora diverso: a volte, viaggiando, può capitare di trovare posti bizzarri, ma tanto bizzarri da colpirci nel profondo. Luoghi su cui si può anche fare l’esercizio di astenersi dal giudizio (una delle grandi lezioni del viaggiare: imparare a essere imparziali). Luoghi di questo tipo nel Sud-est asiatico non mancano. Anzi.

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Viaggio in Birmania: tappa a Mandalay

La città di Mandalay me l’ero immaginata caotica, chiassosa e disordinata, e, se devo essere sincera, dopo i miei giorni di beatitudine sul Lago Inle e la mia tappa a Kalaw, fresca cittadina di montagna nel nord della Birmania, non avevo molta voglia di rituffarmi in una grande città. E, invece, mi sono dovuta ricredere.

Mandalay è la città più grande di tutto il Myanmar, dopo Yangon, e custodisce in sé un tesoro di pagode e siti sacri affascinanti, senza contare i molti siti che si possono visitare nei suoi dintorni. Andare a Mandalay è d’obbligo (e piacevole).

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Yangon, città di sangue, sogni e d’oro

Il posto migliore da cui iniziare un viaggio alla scoperta del Myanmar? Per me non può che essere Yangon, la vecchia Rangoon, ex capitale della Birmania, la città più grande e più rappresentativa della storia del paese.

Grande e vivace, multietnica e dinamica, ma nei limiti, tuttora pervasa di fascino coloniale e testimone di un passato sanguinario, ma che si sta aprendo a un fulgido futuro, Yangon è la perfetta introduzione alla cultura birmana e punto di partenza ideale per un itinerario di viaggio in Myanmar.

Il mio consiglio è quello di dedicarci almeno un paio di giorni (ma se potete anche di più). Cosa aspettarsi da Yangon? Ve lo spiego subito.

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