Pensi a Stoccolma e subito ti viene in mente “Venezia del nord“, l’espressione con il quale la capitale svedese viene spesso descritta. Ok, ci sono canali, un’infinità di ponti e la stessa città è costituita da isole, 14 per l’esattezza, tra il Lago Mälaren e il Mar Baltico. Insomma, è una città dominata dall’acqua, ma va chiamata con il suo nome. Ogni città è a sé.
Ogni città va esplorata con occhi nuovi, cercando di non fare confronti o paragoni, con gli occhi ben aperti e la mente preparata a nuove scoperte. È così che a me piace pormi di fronte a una nuova destinazione. Se possibile tenendo a bada le aspettative, lasciare che tutto sia una scoperta.
Dici safari e pensi subito a lei: all’Africa. Eh sì, perché questa questa forma di perlustrazione, viaggio e avventura contraddistingue solo il continente africano. Dall’Uganda al Kenya, dalla Tanzania allo Zambia o al Mozambico, fino in Sudafrica, viaggiare in questa parte del mondo non può prescindere dal fare un safari.
Safari in lingua swahili – la lingua parlata per la maggiore nell’Africa orientale – significa semplicemente “lungo viaggio“. La parola safari non c’entra nulla quindi con le battute di caccia di un tempo (che però – ahimè – ancora si fanno in alcune aree, come ad esempio in Botswana). Un viaggio, il safari, che è giustamente definito “lungo” perché spostarsi in Africa significa attraversare spazi immensi, distese che si allungano fino all’infinito.
Safari è contemplazione dello spettacolo della natura, è il trovarsi piombati all’interno di un documentario che prende vita proprio in quel momento, proprio davanti ai nostri occhi e noi siamo lì, ne facciamo parte.
Ma quali sono gli ingredienti fondamentali per un safari perfetto?
Secondo me sono questi:
1 – Macchina fotografica
Secondo me la macchina fotografica è la prima cosa da mettere in valigia prima di partire per un safari. Questo tipo di viaggio è infatti una vera e propria spedizione fotografica. Si deve tenere sempre il dito pronto a scattare, poiché, quando meno te lo aspetti, ti potresti trovare di fronte un elefante, una leone che rincorre un impala o qualche animale difficile da avvistare.
Per un safari è consigliata una reflex con teleobiettivo (più è potente meglio è), in grado di “avvicinare” i soggetti (in questo caso gli animali).
2 – Una buona guida per riconoscere gli animali
Se state facendo un safari significa che amate gli animali, quindi sicuramente vi interesserà imparare a riconoscerli o saperne di più su di loro. Il massimo è avere una guida esperta con voi sulla jeep (una guida in carne e ossa intendo), che vi istruisca al riguardo e che vi racconti tutto quello che volete sapere sul comportamento degli animali, sulle specie endemiche e su come distinguere una specie da un’altra. Una buona guida cartacea, ad esempio una guida sui mammiferi africani, è l’elemento complementare perfetto.
3 – Abbigliamento adeguato
Lasciate a casa i capi troppo colorati (disturbano gli animali e attraggono gli insetti), sintetici (potrebbe fare anche molto caldo) o jeans stretti. In safari si deve vestire comodi, indossare colori chiari (come il bianco, il kaki, il beige), a strati, e portare scarpe comode (le scarpe da trekking o sandali tecnici sono l’ideale). Dopo il tramonto è un must indossare maniche lunghe e pantaloni lunghi: zanzare in agguato!
4 – Spirito di adattamento
Forse la cosa più importante di tutte.
Vicino all’equatore il sole si alza presto (in Malawi alle 5.00 ero già in piedi perché appena il sole sorgeva la mia tenda si trasformava in un forno). Gli animali sono attivi soprattutto la mattina presto e la sera in prossimità del tramonto, quando fa meno caldo. Ergo in safari ci si sveglia all’alba. Magari (consigliatissimo!) si dorme in tenda, ci si imbatte in insetti di ogni genere, si potrebbe non trovare l’acqua calda e il wi-fi…
E cosa dovete lasciare a casa:
L’orologio – In mezzo alla savana, nel cuore dell’Africa, vi dimenticherete di averlo. Semplicemente non vi servirà. Lì avrete come l’impressione che il tempo non esista. Esiste solo il tempo meteorologico, quello sì che fa la differenza. La stessa strada che con il sole si può percorrere in qualche ora potrebbe volere un giorno di viaggio in caso di un acquazzone o durante la stagione delle piogge.
Il cellulare – Molto probabilmente dove sarete non ci sarà campo o tanto meno connessione wi-fi. E poi sarete talmente rapiti dallo spettacolo intorno a voi che non vi verrà in mente di consultare il vostro smartphone (almeno spero).
Stoccolma è notoriamente una città cara. Ho avuto già modo di rendermene conto anche se non ci ho ancora messo piede (ma lo farò presto). Trovare un alloggio low-cost o quanto meno a un prezzo ragionevole può diventare un’impresa ardua, sappiatelo.
Cercare un alloggio standard (diciamo una doppia in un hotel di categoria accettabile) in zona centrale a Stoccolma vuol dire mettere in conto almeno 150 euro a notte. Se però vi sapete adattare, non avete tante pretese e – soprattutto – volete risparmiare, una soluzione c’è. Anzi tre.
Se ne avete la possibilità, non fate come me che a quasi 35 anni non ero ancora stata a Parigi. Andateci subito. Parigi non può mancare nel curriculum di ogni viaggiatore che si reputi tale.
L’unico problema è che la Ville Lumière – il nomignolo con cui viene chiamata Parigi – è grande, grandissima, e le cose da fare e da vedere sono davvero tante. Semplicemente impossibile pensare di riuscire a vedere “tutto” in un weekend o in una manciata di giorni. Per scoprire tutta la città ci vorrebbe una vita intera (ma forse neanche quella sarebbe abbastanza). Ecco perché voglio darvi alcuni consigli pratici se state per andare per la prima volta Parigi. Li ho vissuti sulla mia pelle.
C’è una questione spinosa che spesso preoccupa molti viaggiatori intenzionati a visitare il continente africano: la profilassi antimalarica. Spesso ricevo richieste di consigli e domande di chiarimenti da chi non sa bene come comportarsi e quale soluzione adottare per evitare di contrarre la malaria.
Proprio per questo ho pensato di scrivere un post per raccontare ciò che ho imparato al riguardo tramite la mia esperienza personale e quella di persone che in Africa ci vivono.