Per molti “cammino” è sinonimo di Cammino di Santiago. Per me, invece, “cammino” ormai è sinonimo di Cammino di Oropa, il percorso guidato (da fare rigorosamente a piedi), alla scoperta del biellese, in parte lungo il tracciato della Via Francigena.
Il Cammino di Oropa l’ho scoperto l’anno scorso, su proposta di Sabrina ed Emilie di Viaggi e Miraggi Piemonte, un tour operator che promuove un’idea di turismo responsabile e valorizzazione del territorio locale.
Dici safari e pensi subito a lei: all’Africa. Eh sì, perché questa questa forma di perlustrazione, viaggio e avventura contraddistingue solo il continente africano. Dall’Uganda al Kenya, dalla Tanzania allo Zambia o al Mozambico, fino in Sudafrica, viaggiare in questa parte del mondo non può prescindere dal fare un safari.
Safari in lingua swahili – la lingua parlata per la maggiore nell’Africa orientale – significa semplicemente “lungo viaggio“. La parola safari non c’entra nulla quindi con le battute di caccia di un tempo (che però – ahimè – ancora si fanno in alcune aree, come ad esempio in Botswana). Un viaggio, il safari, che è giustamente definito “lungo” perché spostarsi in Africa significa attraversare spazi immensi, distese che si allungano fino all’infinito.
Safari è contemplazione dello spettacolo della natura, è il trovarsi piombati all’interno di un documentario che prende vita proprio in quel momento, proprio davanti ai nostri occhi e noi siamo lì, ne facciamo parte.
Ma quali sono gli ingredienti fondamentali per un safari perfetto?
Secondo me sono questi:
1 – Macchina fotografica
Secondo me la macchina fotografica è la prima cosa da mettere in valigia prima di partire per un safari. Questo tipo di viaggio è infatti una vera e propria spedizione fotografica. Si deve tenere sempre il dito pronto a scattare, poiché, quando meno te lo aspetti, ti potresti trovare di fronte un elefante, una leone che rincorre un impala o qualche animale difficile da avvistare.
Per un safari è consigliata una reflex con teleobiettivo (più è potente meglio è), in grado di “avvicinare” i soggetti (in questo caso gli animali).
2 – Una buona guida per riconoscere gli animali
Se state facendo un safari significa che amate gli animali, quindi sicuramente vi interesserà imparare a riconoscerli o saperne di più su di loro. Il massimo è avere una guida esperta con voi sulla jeep (una guida in carne e ossa intendo), che vi istruisca al riguardo e che vi racconti tutto quello che volete sapere sul comportamento degli animali, sulle specie endemiche e su come distinguere una specie da un’altra. Una buona guida cartacea, ad esempio una guida sui mammiferi africani, è l’elemento complementare perfetto.
3 – Abbigliamento adeguato
Lasciate a casa i capi troppo colorati (disturbano gli animali e attraggono gli insetti), sintetici (potrebbe fare anche molto caldo) o jeans stretti. In safari si deve vestire comodi, indossare colori chiari (come il bianco, il kaki, il beige), a strati, e portare scarpe comode (le scarpe da trekking o sandali tecnici sono l’ideale). Dopo il tramonto è un must indossare maniche lunghe e pantaloni lunghi: zanzare in agguato!
4 – Spirito di adattamento
Forse la cosa più importante di tutte.
Vicino all’equatore il sole si alza presto (in Malawi alle 5.00 ero già in piedi perché appena il sole sorgeva la mia tenda si trasformava in un forno). Gli animali sono attivi soprattutto la mattina presto e la sera in prossimità del tramonto, quando fa meno caldo. Ergo in safari ci si sveglia all’alba. Magari (consigliatissimo!) si dorme in tenda, ci si imbatte in insetti di ogni genere, si potrebbe non trovare l’acqua calda e il wi-fi…
E cosa dovete lasciare a casa:
L’orologio – In mezzo alla savana, nel cuore dell’Africa, vi dimenticherete di averlo. Semplicemente non vi servirà. Lì avrete come l’impressione che il tempo non esista. Esiste solo il tempo meteorologico, quello sì che fa la differenza. La stessa strada che con il sole si può percorrere in qualche ora potrebbe volere un giorno di viaggio in caso di un acquazzone o durante la stagione delle piogge.
Il cellulare – Molto probabilmente dove sarete non ci sarà campo o tanto meno connessione wi-fi. E poi sarete talmente rapiti dallo spettacolo intorno a voi che non vi verrà in mente di consultare il vostro smartphone (almeno spero).
Murrebuè, un puntino minuscolo in mezzo al nulla, dall’alto si vedono solo palme e spiaggia. Nient’altro. Solo il blu del mare, il giallo della spiaggia intervallato qua e là da qualche puntino di verde. Così mi era apparso su Google Maps la prima volta che l’avevo cercato, mossa dalla curiosità.
È in questo angolo di natura selvaggia, completamente fuori dalla civiltà, che mi ha portato il mio viaggio nel nord del Mozambico. Un paese immenso, sterminato e in gran parte dominato da una natura inviolata, un paese dove il turismo di massa non è ancora arrivato (e dove spero non arrivi mai, anche se la vedo dura), dove la lingua portoghese che si incontra con l’africanità rende tutto più dolce, più familiare.
Ngorongoro in lingua swahili significa “burrone profondo”: è infatti una grande caldera vulcanica che si trova all’interno dell’omonima Riserva naturale, dichiarato a ragione Patrimonio dell’Unesco. Siamo nella Tanzania del nord, a est del Parco del Serengeti, in uno degli habitat più incredibili al mondo. Chi ama l’Africa lo sa bene.
Ho avuto la fortuna di visitare la Riserva dello Ngorongoro nel 2007, durante il mio viaggio tra i parchi della Tanzania del nord, e da allora occupa un posto speciale nel mio cuore. Lo posso dire senza remore: è il luogo più straordinario e meraviglioso che io abbia mai visto.
Il Lago Malawi è un lago speciale, che non ti aspetti. Il suo nome in lingua chichewa – la principale etnia del Malawi – è“Nyassa“, chesignifica semplicemente “lago”. Le sue rive di sabbia bianca e le sue acque cristalline sono un paradiso per gli amanti dello snorkeling.
Il suo è un ecosistema straordinario che gli ha valso il titolo di patrimonio dell’umanità dell’UNESCO: qui ci vivono delle specie di pesci uniche al mondo. Quando Livingstone ci arrivò, nel 1859, per via della sua superficie scintillante lo definì un “lago di stelle“.