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Thailandia del nord: il mio possibile itinerario

Come qualcuno forse sa già, il 12 novembre parto per un viaggio che mi porterà per qualche mese tra Thailandia, Laos e Vietnam (e forse qualcos’altro). O forse sarebbe meglio dire “mi porterò” visto che viaggerò da sola, in completa autogestione e prevalentemente via terra, utilizzando i mezzi pubblici.

Alla partenza manca poco più di un paio di mesi quindi sono in pieno fermento da pianificazione di quello che potrebbe essere un possibile itinerario (a grandi linee perché prenoterò di volta in volta ed essendo in totale libertà potrò correggere il tiro quando vorrò).

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Il mio primo biglietto di sola andata per il Sud-Est Asiatico

Ci siamo, l’ho fatto. Fa strano inserire una sola data quando invece, di solito, si deve sempre fare a pugni con la data di rientro al lavoro cercando di strappare qualche ora in più, per prendere l’ultimo volo possibile, pur di godersi il viaggio fino all’ultima goccia. Questa volta no. Solo andata.

È con grande emozione che vi confesso di aver appena acquistato il mio primo biglietto aereo di sola andata. Per la prima volta in vita mia so quando parto (il 12 novembre) ma non esattamente quando torno (anche se torno, giuro che torno).

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Passaggio a sud-est: quando il Sud-est asiatico incontra il mare di Ponza

Ero a Ponza qualche settimana fa e stavo facendo snorkeling (dopo aver constatato che il diving non fa per me) quando, tutto a un tratto, vedo ancorata in fondo al mare una enorme fotografia che raffigura una coppia di chiara origine asiatica, o meglio sud-est asiatica.

Non potevo credere ai miei occhi! Lì per lì ho pensato ad un’allucinazione (cosa ci fa una foto del genere a Ponza?). L’emozione della sorpresa è stata forte: per me che amo la fotografia e amo il sud-est asiatico (oltre che il mare) imbattersi in una sorpresa del genere (e in un tipo di installazione mai vista fin’ora), mi ha fatto venire la pelle d’oca. Un’emozione bellissima.

Superato lo shock iniziale, l’ho voluta leggere come una bellissima coincidenza, per me, così attratta da quella parte di mondo e in procinto di tornarci presto.

Risalita a bordo della barca del Ponza Diving Center con cui stavo facendo l’escursione ho voluto subito saperne di più.

Quella foto si trattava di un assaggio di “Passaggio a SudEst“, la mostra fotografica sottomarina di Salvo Galano inaugurata in questi giorni sul fondale della baia di Frontone, a Ponza.

La mostra è costituita da 28 immagini, disposte in un percorso circolare, installate al di sotto del livello dell’acqua ad una profondità compresa tra i tre e i quattro metri e ancorate al fondale sabbioso. A pochi metri dalla spiaggia una boa segnala il centro del percorso visivo sommerso; a disposizione (gratuitamente) ci sono maschere per poter ammirare la mostra semplicemente nuotando, facendo snorkeling oppure da una barca.

Le acque incredibilmente cristalline della Baia del Frontone permettono di vedere in tutta la loro bellezza le fotografie. L’inclinazione dei raggi solari, diversa a seconda dell’ora del giorno, interviene a modificarne costantemente l’effetto visivo e lo spettacolo è affascinante.

Mesi di sperimentazione, studio delle correnti, ricerca dei materiali più adatti, disegni tecnici, messa in sicurezza delle opere, hanno reso possibile l’installazione di una mostra fotografica unica nel suo genere: la prima mostra fotografica subacquea.

Così, sul versante Sud Est di Ponza, si sviluppa il racconto di un altro Sud Est, quello asiatico, distante migliaia di miglia ma bagnato dallo stesso elemento, il mare. Questa mostra è dedicata proprio a lui e ai suoi estimatori.

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L’autore delle fotografie è Salvo Galano, fotografo ritrattista di origine ponzese, grande amante del mare e delle sue profondità, che racconta così il progetto:

“Chi nasce o ha le sue radici su di un’isola, grande o piccola che sia, sa che il mare e poi l’acqua in generale, sono elementi ancestrali che influenzano l’esistenza. Da Ponza sono sempre partito. Ho vissuto a Milano, a Londra, a New York, ho lavorato per aziende internazionali e testate importanti, continuando a viaggiare. Ma la spinta che mi ha portato per il mondo è stata uguale e contraria a quella potentissima che mi ha sempre fatto tornare a Ponza. È la sua bellezza, per me incomparabile, che metto alla prova quando parto, per poi, come ho detto… tornare. Sono un fotografo, un ritrattista e un nomade. Il ritratto è per me una ricerca, l’incontro tra spiriti diversi; un senza tetto di NYC, un pescatore ponzese dallo sguardo fulminante, o i contadini gentili del Sudest dell’Asia raccontano al mio obbiettivo sempre qualcosa da cui traggo insegnamento.Volevo così regalare a Ponza lo stupore che cerco altrove, la stessa umanità e fatica che trovo negli abitanti dei paesi lontani. Volevo portare altri colori, altre culture, altri animali. E volevo che fosse una mostra unica, dedicata a Ponza, pensata per Ponza. Ponza è mare, un mare cristallino che domina su tutto. E la mostra è diventata mare. Sono felice che Passaggio a Sudest sia ospitata in questo meraviglioso ed incredibile luogo espositivo: il mare di Ponza”.

Passaggio a Sudest
Mostra fotografica sottomarina di Salvo Galano
Ponza, versante di Sud Est – Acque della baia di Frontone
dal 18 giugno al 14 settembre 2014

 

Le foto sono tratte dalla Pagina Facebook di Passaggio a Sudest 

Preah Vihear, il Triangolo di Smeraldo. Al confine tra Cambogia, Laos e Thailandia

Lo chiamano “Triangolo di smeraldo” perché la zona è un intricato susseguirsi di foreste e montagne ammantate di verde, lì dove i confini di Cambogia, Laos e Thailandia si toccano. Siamo nella provincia di Preah Vihear, nell’estremo nord della Cambogia, in una zona remota e molto povera – fino a qualche anno fa non c’era una strada asfaltata – e non molto tranquilla.

Questa zona fu la roccaforte degli khmer rouge, gli spietati assassini invasati del regime del dittatore Pol Pot, fino alla loro caduta, nel 1998. Pol Pot e compagni restarono a lungo rintanati qui, tra le foreste, vicini al confine thailandese, pronto da utilizzare in caso di fuga.

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Passaggio a sud-est: il mio primo arrivo in Asia

Aeroporto di Suvarnabhumi, Bangkok. Sono stanchissima, l’aria condizionata è sparata al massimo e più di un aeroporto sembra di essere in una cella frigorifera. Però finalmente ci siamo, ci sono. Sono in Asia.

“Caspita, questo aeroporto è immenso” ricordo essere stata la mia prima esclamazione. Affollato, ampissimo, caotico. La gente si muove in un via-vai frenetico. E c’è tanta, tanta gente, una babele di popoli.

Ricomponiamo il gruppo e riusciamo finalmente a uscire dall’aeroporto, giusto in tempo per litigare con una coppia inglese con cui ci contendiamo un taxi. Il tasso di umidità è alle stelle; il caldo si fa sentire da subito.

Raggiungere il nostro hotel, in centro città, si rivela un’impresa. È rush hour a Bangkok e il traffico è terribilmente intenso. Ci mettiamo un’ora per arrivare. Qualcuno ha avuto la brillante idea di scegliere un hotel nella zona di Khao San Road, ovvero la zona più turistica di Bangkok, affollata di locali, ristoranti, bancarelle di street food e abbigliamento da thai boxe. Ci facciamo largo tra la folla con i bagagli.

Quella sera abbiamo un piccolo assaggio di Bangkok. Negli stand di streetfood fanno capolino insetti di ogni genere, cimici e scorpioni arrostiti, tutti pronti da assaggiare in versione spiedino (vuoi fotografarli? Devi pagare un dollaro). Grazie ma no. Non sono ancora pronta. Frotte di giovani occidentali affollano le strade e occupano le poltrone delle spa all’aria aperta in cui per pochi dollari ci si può far fare un massaggio ai piedi.

È un turbinio di colori, di odori, di rumori in quella che sembra essere una capitale del divertimento. A misura di turista occidentale. Sono abbastanza spiazzata. Il mio approccio con l’Asia non è esattamente come me l’aspettavo. Spiritualità, misticismo, pace interiore.. qui è l’esatto opposto. Dove sono??

L’indomani mattina abbiamo un volo che ci aspetta e si va a letto presto. Il nostro hotel è proprio accanto a un locale che spara musica disco “a palla” e mi basta poco per capire che quella notte non dormirò un gran che.
Come volevasi dimostrare. Nella mia stanza l’aria condizionata non funziona e nella vana speranza di dormire devo fare una scelta: o dormire con la finestra aperta ma con “Gnam gnam style” di Psy sparata a un milione di decibel (i tappi per le orecchie della Qatar Airways è come non averle) fino alle 4 di notte oppure dormire con la finestra chiusa (impossibile).Insomma, il mio primo incontro con Bangkok, e con l’Asia, non è cominciato proprio bene.
Per similitudine mi viene in mente il mio primo arrivo in Africa, nel piccolo e sgangherato aeroporto di Zanzibar, nel 2007. Che shock. Avevo sognato per mesi il momento in cui avrei finalmente messo piede sul suolo africano e mi immaginavo uno scenario idilliaco, in uno stato d’animo estasiato. Tutt’altro.

Sono a Bangkok solo di passaggio; l’indomani un altro aereo mi porterà in Cambogia, il paese che ho scelto per il mio primo viaggio in Asia. La similitudine è doppia: anche a Zanzibar ero solo di passaggio; dopo poco avrei preso un aeroplanino che mi avrebbe portato ad Arusha, nella Tanzania continentale.

La prima impressione è quella che conta? In molti casi non è vero. Ho già il sospetto che se il primo mio incontro un pò traumatico con l’Asia avrà lo stesso risvolto – oserei dire catartico – del mio incontro con l’Africa…. l’Asia assumerà presto un posto importante nel mio cuore.

“Perché l’Asia? Ci andai anzitutto perché era lontana, perché mi dava l’impressione di una terra in cui c’era ancora qualcosa da scoprire. Ci andai in cerca dell’altro, di tutto quello che non conoscevo, all’inseguimento d’idee, di uomini, di storie di cui avevo solo letto.”

(Tiziano Terzani)