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sud-est asiatico

Ritorno a Phnom Penh

La leggenda racconta che un giorno una donna, di nome Penh, mentre passeggiava lungo il fiume Mekong trovò un tronco che conteneva quattro statue del Buddha. Madame Penh decise subito di deporre le statue in una pagoda sulla cima di un poggio alberato. Così sarebbe nata Phnom Penh, la capitale della Cambogia, e il suo tempio più importante, il Wat Phnom, che significa appunto “Tempio della collina”.

Un’aura di mito e leggenda pervade ancora la città, nonostante nel frattempo Phnom Penh sia diventata una metropoli da due milioni di abitanti affollata da frotte di turisti che la visitano in migliaia ogni anno e con il conseguente fiorire di ristoranti occidentali e hotel di charme.

Vista la prima volta nel 2012, nel mio primo viaggio in Cambogia, ne restai colpita e affascinata. Ma arrivando dopo giorni trascorsi nella campagna cambogiana, trovarmi nel suo caotico traffico di gente e motori fu quasi uno shock. Tornandoci ora, dopo essere stata per un mese tra le strombazzanti città vietnamite mi è parsa invece straordinariamente silenziosa. Ma sempre dell’idea che è una città piacevolissima.

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L’isola di Cat Ba: non la solita Halong Bay

Ci sono quei posti di cui leggi sulla guida, per caso, ed è subito amore. Ti scatta una scintilla dentro e hai come il presentimento che quel luogo ti piacerà. Lo sai già molto prima di essere lì. Così dici tra te e te che lì ci devi andare, è deciso. Non stai tanto a sentire i consigli di chi ci è già stato: se capita che ti fissi (con me funziona così), ti dici che un motivo ci sarà.

Con l’isola di Cat Ba è andata un po’ così. Compro una Lonely Planet del Vietnam di seconda mano in una libreria di Luang Prabang e mi metto a sfogliarla, senza la più pallida idea di dove sarei finita. Hanoi? Certo. La Baia di Halong? Certo che sì. E Cat Ba Island? Non l’ho mai sentita prima, ma già il nome mi ispira simpatia.

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Tappa imperdibile in Laos: le 4.000 isole

Le chiamano 4.000 islands (“4.000 isole”), ma il loro vero nome in lingua lao è Si Phan Don. Questa è una zona meravigliosa che si trova nel Laos meridionale, non lontano dal confine con la Cambogia, là dove il fiume Mekong raggiunge la massima ampiezza di tutto il suo tragitto dall’altopiano tibetano al Mar Cinese Meridionale.

Durante la stagione secca infatti il Mekong si ritira e nel suo placido scorrere lascia affiorare un numero indefinito (centinaia? o forse migliaia?) di isole, isolotti e lingue di terra. Forse non saranno proprio quattromila, ma il paesaggio è così suggestivo, l’atmosfera così rilassata e distesa, che fermarsi per qualche giorno diventa una gran fatica: quella di dover dire addio a questo posto fuori dal mondo.

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Dal Vietnam al Laos passando per la Cambogia: idee per un possibile itinerario

Voglia di un viaggio nel Sud-Est Asiatico? Siete in fase di programmazione o alla ricerca di idee? Dopo avervi raccontato il mio itinerario di viaggio da Bangkok al nord della Thailandia (che ho percorso in circa un mese), vi ho raccontato in dettaglio i miei spostamenti nel Laos del nord (sono rimasta anche qui circa un mese) e quindi dal nord al sud del Vietnam (un altro mese anche qui).

Dopo un fugace incontro con Saigon (alias Ho Chi Minh City, ma io preferisco chiamarla con il suo vecchio nome), ho voluto dedicarmi per qualche giorno al Delta del Mekong (decisione azzeccatissima). A questo punto avrei potuto volare da Saigon verso un’altra destinazione asiatica (le opzioni non mancano), ma mantenendo fede al mio obiettivo di viaggiare solo via terra ho optato per un’altra soluzione.

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In navigazione lungo il Nam Ou, nel Laos del nord

Se c’è una cosa che sopra tutte non si può trascurare di fare in Laos è la navigazione lungo uno dei suoi fiumi. Assaporare i ritmi lenti, il placido flusso delle acque e dei pescatori, passare attraverso una cornice di picchi montagnosi e vegetazione rigogliosa, lontani dalle strade, lontani anche dalla civiltà: tutto questo è impagabile.

Le vie fluviali hanno sempre rappresentato un fondamentale risorsa per il sostentamento dei laotiani e una straordinaria forma di trasporto, che però sta lentamente venendo meno. Compagnie straniere (leggi: cinesi) stanno intensificando la costruzione di nuove centrali elettriche; il risultato è la comparsa di un sempre maggior numero di dighe e –  ovviamente – in alcuni casi la navigazione in alcuni tratti viene compromessa.

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