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Viaggiare da soli rende più forti?

A chi mi augura buona vacanza prima di una partenza, io rispondo sempre precisando che “Non vado in vacanza, vado in viaggio“. Ci tengo a sottolinearlo non per voler fare l’antipatica (magari il messaggio che passa è anche quello, ma pazienza), ma perché ci tengo a fare i dovuti distinguo.

Il viaggio, per come lo intendo e lo vivo io, è un’esperienza esistenziale di sperimentazione e crescita, un toccasana per l’anima e non solo per il corpo, non un semplice relax o un banale staccare la spina dalla routine quotidiana. Il viaggio per me è molto di più.

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Meglio zaino o trolley?

Secondo me il mondo dei viaggiatori si divide in due: chi viaggia con lo zaino e chi viaggia con il trolley. C’è chi non si stacca dallo zaino neanche se deve andare via due giorni (per poi ritrovarsi a litigare con le hostess della Ryan Air) e chi invece il trolley se lo porta anche in mezzo al deserto (per poi scoprire che le rotelle non scorrono sulla sabbia..). Ovviamente sto scherzando (ed estremizzando), ma in effetti il dilemma zaino o trolley è uno dei grandi classici che molti viaggiatori si trovano ad affrontare.

Personalmente non sono una talebana dello zaino (anche se finisco per preferirlo) e tendo a usarlo soprattutto per i viaggi lunghi, i più avventurosi, lasciando il trolley per i weekend in qualche capitale europea. Il dilemma si è però presentato prima della partenza per il mio viaggio a New York: partire zaino in spalla da brava backpacker o con il mio comodo e capiente trolley? Alla fine ho optato per il trolley, ma me ne sono amaramente pentita (New York è sì una città iper-civilizzata, ma molte stazioni della metro non hanno una scala mobile), soprattutto visto che il mio appartamento si trovava al quinto piano di un edificio senza ascensore.

Chi dei due è meglio quindi? Zaino e trolley hanno ognuno vantaggi e svantaggi. Vediamo insieme chi dei due ha la meglio!

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Clamore in Asia: è online il mio libro

Se ci penso, quante volte mi è capitato di dire o di pensare “Un giorno scriverò un libro”. Annotazioni, osservazioni, voglia di raccontare, riflettere su quello che faccio e vedo, soprattutto in viaggio, la mia modalità preferita di vita. Finalmente quel giorno è arrivato: ho scritto un libro (e non mi sembra ancora vero)!

Da oggi in tutte le librerie online c’è ClaMore in Asia, il libro (in versione digitale e cartacea) che ho scritto per raccontare i miei cinque mesi in solitaria in Asia. Ma non solo.

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Un anno fa iniziava Clamore in Asia!

Era un anno fa, giusto giusto. Il 12 novembre 2014 pressapoco a quest’ora stavo andando in aeroporto. Ero tutta un fremito. Ero emozionatissima: per la prima volta in vita mia partivo con in tasca un biglietto aereo di sola andata.

Per la prima volta in vita mia sapevo quando partivo ma non esattamente quando sarei tornata (sarei tornata?). Ancora non ne ero del tutto cosciente, ma stavo per partire per un viaggio da cui non sarei tornata la stessa persona di prima.

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L’emozione di attraversare le frontiere a piedi

C’è qualcosa di emozionante e prodigioso nell’attraversare le frontiere a piedi, qualcosa che nessun aeroporto o scalo internazionale può uguagliare.

Puoi dover attendere minuti o anche ore, sganciare la mancia all’ufficiale di turno e protestare, ma tanto è così che funziona, sudare freddo in attesa un timbro o di un visto, perdere la pazienza o la bussola, ma ne vale sempre la pena. Attraversando le frontiere a piedi nel Sud-Est Asiatico ne ho avuto la conferma.

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