Personalmente ritengo che quando si è in viaggio sia sempre una buona cosa provare i cibi del posto. Anche in questo sta la differenza – secondo me – tra “turista” e “viaggiatore”. È segno di curiosità e apertura mentale, rispetto e vicinanza nei confronti del paese in cui ci troviamo in quel momento.
Ok che noi italiani lontano da casa soffriamo dal punto di vista “culinario” – e giustamente visto che la nostra cucina è imbattibile – ma gli spaghetti in valigia sono proprio irrinunciabili? Dobbiamo per forza mangiare la pizza anche se siamo dall’altra parte del mondo, per poi lamentarci perché non è buona? Non è un po’ triste cenare in uno dei tanti McDonald’s sparsi in tutto il mondo anziché provare i piatti locali?
Questa è una delle mie tante considerazioni nate sulla scia del mio ultimo viaggio in …Cambogia (se mi leggete lo sappiate già visto che ultimamente non parlo praticamente d’altro).
In Cambogia non si mangia male, anzi! La cucina è molto simile a quella thailandese (riso, verdure alla piastra, carne e pesce e gli immancabili noodles) e non è troppo speziata (molto meno della cucina indiana). Come è mio solito mi sono lanciata su qualche piatto che nel menu non aveva una descrizione proprio chiarissima..(amo il rischio!) e ho mangiato e provato di tutto, mangiando anche ciambelle fritte o piatti fatti al momento in strada (confidando nel vaccino anti-tifico).
Ma … c’è un “ma”. Ho scoperto che nella cucina del sud-est asiatico ci sono “piatti” che proprio non posso riuscire a provare, ma proprio no. Già la prima sera che sono arrivata a Bangkok mi sono imbattuta in simpatici banchetti che vendono scorpioni, larve e altri insetti non ben identificati, fritti. L’impatto per noi occidentali è forte. Infatti per fare una foto ti chiedono di pagare un dollaro (in quel momento comunque non avevo con me la macchina fotografica).
La Cambogia non è da meno. Avevo letto sulla Lonely Planet che c’è una zona rurale della Cambogia in cui è possibile vedere dei mercati che vendono una prelibatezza locale: le tarantole fritte. La mia malsana curiosità mi portava a non vedere l’ora di imbattermi in loro. Dopo giorni e giorni non le avevo ancora viste e stavo già gettando la spugna quando invece un giorno, durante una delle nostre “soste pipì”, così per caso ci siamo trovati in un mercato in cui vendevano verdure, frutta di ogni tipo ma anche loro: le tarantole! Sogno realizzato: ho potuto fotografarle.
Peccato che nessuno di noi ha avuto il coraggio di provarle. La Lonely dice comunque che hanno un vago sentore di pollo. E se – superato il naturale ribrezzo anche solo nel vederle – assaggiandole scoprissimo che sono buone?
Il pensiero più amaro è legato comunque alla spiegazione pratica che sta dietro la scelta di un cibo così “insolito”. Il tutto ha a che vedere con il triste e doloroso passato cambogiano, segnato da decenni di guerre, stermini e carestie. La fame. La fame ha portato le persone a diventare cacciatori di ragni, cavallette e ogni tipo di insetto.