Ho cominciato ad accorgermene un giorno a Madrid. Ero seduta in Plaza Santa Ana (secondo me la piazza più bella della città) a bere sangria (la più buona della mia vita). Di fronte a me l’antica Cerveceria Alemana. Leggo: “La Alemana era la birreria preferita di Ernest Hemingway”. Deja-vu.
Non era la prima volta che mi imbattevo in lui in viaggio.
Qualche anno prima, in partenza per la Tanzania, cercando un libro ambientato in quelle zone del mondo, la mia scelta era finita su Verdi colline d’Africa, romanzo autobiografico che racconta del primo viaggio in Africa orientale di Hemingway e della moglie. Le vicende raccontate si svolgono nella regione del Lago Manyara, al confine tra Tanzania e Kenya, proprio dove sarei andata da lì a poco.
Un paio di mesi fa, mentre stavo facendo delle ricerche su Bergamo, la mia città, leggo che Hemingway, scrivendo ad un amico scrisse “Io da ragazzo ero a Bergamo prima di aver mai sentito il tuo nome” e che “Prima che mia moglie si preparasse per andare a teatro, ho trascorso con lei lunghe ore in Città Alta. Ci siamo fermati lassù anche per il pranzo, a me piace molto, in particolare, la polenta e uccelli”. Hemingway è stato anche nella mia città: non ci posso credere!
Allora, le spiegazioni sono due: o Hemingway è stato davvero un viaggiatore con la “v” maiuscola che ha girato in lungo e in largo l’intero globo oppure io e lui abbiamo qualcosa in comune. Molto probabilmente sono vere entrambe le cose.
Ripercorrere i viaggi compiuti da Hemingway durante la sua rocambolesca esistenza è un’impresa abbastanza ardua. Ci sono però dei luoghi nel mondo che più di altri sono rimasti profondamente segnati dal suo passaggio. A cominciare da una città: Parigi.
Parigi
“Ci sono solo due posti al mondo dove possiamo vivere felicemente: a casa e a Parigi”. Hemingway arriva per la prima volta a Parigi il 31 maggio del 1918, in piena Prima Guerra Mondiale, arruolato al servizio della Croce Rossa americana.
Ci fa ritorno nel dicembre del 1921 con la moglie Hadley come giovane reporter del Toronto Star. Decide di trasferirsi a vivere qui: ha inizio così la sua carriera letteraria. Viene presentato alla scrittrice americana espatriata Gertrude Stein che gli suggerisce una serie di letture per stare alla passo con le nuove avanguardie letterarie, soprattutto moderniste. Conosce il poeta Ezra Pound, che considererà un vero e proprio maestro di scrittura, e grazie al quale comincia a pubblicare alcuni racconti e poesie su riviste letterarie.
La sua prima casa fu al 74 di Rue Cardinal-Lemoine. Nel quartiere nei pressi del Pantheon sono ancora riconoscibili i locali e gli angoli descritti in Festa Mobile, Il sole sorge ancora, Le Nevi del Kilimanjaro. Nel 1922 Hemingway affitta un piccolo attico per farne il suo studio vicino a Rue Descartes nella stessa casa dove Paul Verlaine era morto 25 anni prima. È assiduo frequentatore della Brasserie Lipp su Boulevard Saint-Germain, della Closerie des Lilas (il suo Caffè preferito,) ma soprattutto della libreria di Sylvia Beach “Shakespeare and Company”, ritrovo di scrittori e artisti. Nel ’24 si stabilisce in in Rue Notre Dame des Champs 113.
Tornerà più volte a Parigi anche negli anni ’30, ormai scrittore di successo e frequentatore degli eleganti ristoranti della Rive Droite. Resterà sempre legato alla città perché “Se sei abbastanza fortunato di aver vissuto a Parigi da giovane, allora per il resto della tua vita ovunque andrai, sarà con te, perché Parigi è una Festa mobile”.
Madrid
Hemingway assiste alla sua prima corrida nell’estate del 1923, a Siviglia, e ne resta profondamente affascinato.Consigliato da Gertrude Stein, nell’estate del 1924 va a Pamplona per la festa di San Firmino. È lì, a contatto con i matador, che trova l’ispirazione per molte idee che svilupperà per tutta la vita e che gli ispireranno il romanzo Fiesta, uno dei suoi maggiori successi.
È in Spagna come inviato per la North American Newspaper Alliance quando scoppia la guerra civile. Lavora a un documentario propagandistico antifascista e con l’amico John Dos Passos (un altro esponente della “Lost generation”), fonda una società per raccogliere i fondi per un secondo documentario (Spanish Earth). Si sposta continuamente sui luoghi di battaglia e di bombardamenti. Visita Barcellona, Valencia e infine si stabilisce a Madrid – che definisce “la capitale del mondo“, – presso l’Hotel Florida (oggi l’Hostal Aguilar).
A Madrid torna più volte tra il ’23 e il ’60: si alza presto, fa colazione in albergo, fa un salto da Lhardy, ancora oggi uno dei ristoranti più noti in città. Arriva a Plaza Santa Ana, s’infila nella Cerveceria Alemana, dove c’è la «birra più buona di Spagna» e si discute di tori e toreri. Approfitta della siesta del pomeriggio per andare al Museo del Prado; ripeterà sempre di aver appreso, quanto a metodo di scrittura, molto più di fronte a quelle opere che sui libri dei grandi scrittori. Il pomeriggio lo passa a Casa de Campo, il più grande parco in città. Durante la guerra civile avrebbe passato qui intere giornate, sulle trincee che difendevano Madrid dall’aggressione franchista.
Anche negli ultimi anni di vita, nonostante le precarie condizioni di salute, torna più volte sia a Madrid sia a Pamplona seguendo la tournée di corride di Dominguín e di Antonio Ordóñez in giro per la Spagna.
Africa orientale
Verdi colline d’Africa è un diario romanzato che racconta del primo safari di Hemingway e della seconda moglie Pauline nella regione del Lago Manyara, fra Kenya e Tanzania, nel dicembre del 1933. Questo safari sarà di ispirazione anche per due altri racconti brevi di Hemingway: La breve vita felice di Francis Macomber e Le nevi del Kilimangiaro.
Il safari all’epoca non aveva lo stesso significato che gli diamo oggi (anche se in swahili “safari” significa semplicemente “viaggio“); Hemingway non si limitava a contemplare la natura ma partecipò a battute di caccia grossa (legali in Kenya fino al 1977) traendone grande soddisfazione. L’emozione suscitata da questa sfida con la natura e gli animali esercitavano su di lui un profondo fascino. Sentiva sempre il bisogno di superare i propri limiti e vivere i luoghi della natura con la massima intensità.
In Verdi colline d’Africa scrive: «Io sarei tornato in Africa, ma non per guadagnarmi la vita, per questo mi bastavano un paio di matite e poche centinaia di fogli di carta della meno cara. Ma sarei tornato là, dove mi piaceva vivere, vivere veramente, non puramente trascorrere i giorni». E ancora: “Non riuscivo a convincermi che fossimo di colpo arrivati in un paese così meraviglioso, un paese dal quale si doveva uscire come da un sogno, felici di aver sognato”.
Hemingway torna in Africa orientale per un secondo safari venti anni dopo, con Mary Welsh, per far visita al figlio Patrick che viveva in Tanganika (l’attuale Tanzania). Questa sua seconda esperienza africana è narrata in Vero all’alba. L’esperienza non fu delle più tranquille e lo segnerà per sempre: il 22 gennaio del 1954 il pilota dell’aereo su cui si trovava colpì un filo del telegrafo e fu costretto a un atterraggio di emergenza in Uganda.
Hemingway si slogò la spalla destra, la radio non era funzionante e lui, Mary e il pilota risultarono dispersi fino a quando non furono soccorsi da una barca che passava sul fiume con la quale raggiunsero la località di Butiaba. Da lì trovarono un volo per Entebbe ma, proprio in fase di decollo, l’aereo prese fuoco e nell’incidente Hemingway riportò gravi ferite che lo segnarono per il resto della sua vita.
Ancora oggi molte località turistiche del Kenya ci ricordano il suo passaggio: un esclusivo Resort di Watamu porta il suo nome, uno storico ristorante di Malindi quello di uno dei suoi più celebri romanzi.
Cuba
Hemingway si reca a Cuba per la prima volta nel 1933 dove assiste alla rivoluzione del 12 agosto che ha come risultato la deposizione del dittatore cubano Gerardo Machado. Hemingway fa più volte ritorno a Cuba soggiornandoci, con qualche interruzione, per più di quindici anni. A Cuba completa Per chi suona la campana e scrive quasi interamente Il vecchio e il mare, l’opera che lo consacrerà come mostro della letteratura e gli farà vincere il premio Pulitzer nel 1953 e il Nobel l’anno successivo.
Per Hemingway Cuba era una riserva di ispirazione, lo sfondo ideale per mettere in scena un’altra delle sue grandi passioni: la pesca. Cuba stava alla pesca come l’Africa stava alla caccia e la Spagna alla corrida. Le giornate dello scrittore trascorrevano tra interminabili battute di pesca a bordo della Pilar, alla sfrenata ricerca di piaceri mondani o a scrivere nell’isolamento della sua casa, la Finca Vigia.
Per Cuba Hemingway è stato un cimelio vivente e poi, dopo la sua morte, un’enorme attrattiva turistica. La Finca Vigia è stata trasformata in museo dal governo di Castro; qui negli anni sono stati ritrovati migliaia di documenti inediti come il testo originale dell’epilogo di “Per chi suona la campana”, scritti sparsi, lettere, appunti, annotazioni. All’inizio del 2009, grazie alla collaborazione tra il museo cubano, il centro di Studi Sociali di Washington e la Biblioteca Kennedy di Boston, questi documenti sono stati catalogati, digitalizzati e messi a disposizione di studiosi e ammiratori dello scrittore.
Famosissimi e molto frequentati dai turisti sono la Bodeguita del Medio e il Floridita, bar de l’Havana dove Hemingway era solito andare a bere (“My mojito in La Bodeguita, My daiquiri in El Floridita”).
Key West
Hemingway visita Key West, nell’arcipelago delle Keys in Florida, su suggerimento dell’amico John Dos Passos negli anni ’20. Nel 1927 decide di andarci a vivere con la seconda moglie Pauline. Hemingway continua la sua abitudine parigina di scrivere al mattino e dedicare il resto della giornata all’esplorazione del circondario.
Qui inizia a scrivere A Farewell to Arms e ci farà ritorno più volte. Dopo il divorzio da Pauline nel 1940, Hemingway si trasferisce a Cuba con la sua terza moglie, Martha, ma continua a visitare Key West durante gli anni ’40 e ’50 fino alla sua morte, che avverrà nel 1961.
La casa di Whitehead Street è oggi un museo ed è ancora abitata dai gatti di Hemingway (che hanno la particolarità di avere tutti sei dita). Adesso la famiglia si è allargata e conta circa una cinquantina di membri. A Keywest è previsto che non sia possibile avere più di 4 gatti per famiglia, ma la commissione cittadina di Key West ha deciso di fare un’eccezione per i gatti di Hemingway: “Si tratta di gatti dal forte significato sociale e turistico, parte integrante della storia della casa”.
Ogni volta che leggo un suo libro e ogni volta che capito in un posto nel mondo in cui un bar ha la scritta "questo era il bar di Hemingway" mi viene voglia di raccogliere tutti i suoi luoghi preferiti, ma alla fine non l'ho mai fatto! Grazie per questo interessante articolo!! 🙂
Grazie a te! Era da tempo che avevo in mente di approfodire l'argomento (Faticaccia!).. Hemingway, come dici tu, è davvero una costante in giro per il mondo. Che personaggio che doveva essere! 🙂
Bellissimo post e bellissimo soggetto. Hemingway ha fatto la vita che sogno di fare io :D. In Bit c'era lo stand del "mojito di Hemingway" al padiglione del mondo, ma è bello notare che riesce a mantenere il suo lato suggestivo e non sembra svilito da iniziative "commerciali", almeno è la mia impressione.
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Grazie Alessandra! Sì, diciamo che Ernest è stato un gran bel personaggio (tendenza al alzare il gomito a parte). Un grande scrittore e soprattutto un grande viaggiatore. Diciamo poi che la sua presenza ha contribuito molto ad attrarre turisti (basta pensare a Cuba..).
Ciao Claudia!!!!! BRAVA!! Grazie per aver messo insieme questi luoghi che ripercorrono i passi di un uomo la cui vita è stata dir poco ricca e piena…in più costellata di viaggi! A me è capitato di visitare Nîmes anch'essameta di Hemingway di cui parla tra gli altri in "Un'estate pericolosa" (i luoghi che frequentava:Ristorante "Le Lisita" e "Hotel Imperator"). ciao!
Ma grazie Paola 🙂 La vita di Hemingway è stata davvero un condensato di esperienze e dei più grandi avvenimenti del XX secolo. Semplicemente pazzesco! Non sapevo fosse stato anche a Nimes, grazie per la segnalazione! 🙂
Kindred spirits, I guess 🙂
Probably!
e ….. venezia
Giusto!