Murrebuè, un puntino minuscolo in mezzo al nulla, dall’alto si vedono solo palme e spiaggia. Nient’altro. Solo il blu del mare, il giallo della spiaggia intervallato qua e là da qualche puntino di verde. Così mi era apparso su Google Maps la prima volta che l’avevo cercato, mossa dalla curiosità.
È in questo angolo di natura selvaggia, completamente fuori dalla civiltà, che mi ha portato il mio viaggio nel nord del Mozambico. Un paese immenso, sterminato e in gran parte dominato da una natura inviolata, un paese dove il turismo di massa non è ancora arrivato (e dove spero non arrivi mai, anche se la vedo dura), dove la lingua portoghese che si incontra con l’africanità rende tutto più dolce, più familiare.
Il Mozambico è un’Africa diversa, molto affascinante. È un’Africa che non ti sembra Africa.
Lasciamo alle nostre spalle Pemba, che, anche se capitale della provincia di Cabo Delgado e principale punto d’appoggio del Mozambico del nord (c’è anche l’aeroporto, meta obbligata per chi vuole andare alle Quirimbas), non è molto di più che una sonnacchiosa località di mare. Spiagge, qualche ristorante, qualche diving center, qualche bottega in cui acquistare oggetti di artigianato locale. Nulla di più.
Il nostro tassista abbandona la strada principale, l’unica asfaltata, e ben presto ci troviamo a percorrere delle strade brulle, sconnesse, irrimediabilmente dissestate. Forse era meglio un 4×4? Il tassista saprà dove stiamo andando? Ma soprattutto: dove stiamo andando? Sono tante le domande che di frullano in testa in quel momento, l’emozione è forte. Stiamo andando verso un posto unico, me lo sento.
La strada ben presto non esiste più, cede il passo solo a solchi sabbiosi e palme. Dritto davanti a noi una mandria di smilze mucche che ci guardano perplesse. Ok, siamo ufficialmente usciti dalla civiltà. In un mix di inglese (che il tassista parla a malapena), portoghese (di cui mastichiamo solo qualche parola) e italiano, cerchiamo di capire se sta dove stiamo andando. Lui ci rassicura. La strada in effetti è quella giusta. Poco più avanti un cartello (o meglio una scultura in legno decorata con conchiglie) indica il nostro lodge. Ci siamo quasi.
Che posto fantastico il nostro lodge. Una manciata di bungalow in paglia, proprio davanti all’oceano, tra palme altissime e vegetazione tropicale. Qui ci vivono Emma e George, una coppia francese che ha creato – è proprio il caso di dire “dal nulla” – e gestisce questo eco-lodge semplice ma meraviglioso, in perfetta sintonia con l’ambiente che lo ospita.
Siamo gli unici ospiti.
Cosa facciamo tre giorni a Murrebuè? Al mattino la marea è incredibilmente bassa. Possiamo camminare per centinaia di metri in direzione del mare aperto. Tra la sabbia bianchissima rigoli di acqua di mare, azzurrissima, qualche conchiglia e ciuffi di alghe tra cui si annidano le stelle marine. Il paesaggio è incredibile, quasi lunare, i contasti di colore sono fortissimi.Mai prima d’ora mi era capitato di trovarmi in un scenario così suggestivo. È struggente.
La mattina, quando la marea è bassa, le donne e i bambini dei villaggi vicini si affaccendano con reti e secchielli per raccogliere i piccoli molluschi che restano intrappolati nella sabbia. Stiamo con loro, scambiamo qualche parola, seguiamo i loro gesti e partecipiamo alla raccolta.
Bastano poche ore e la marea si alza. Il pomeriggio è il momento dell’ozio, della tintarella e di lunghi bagni in acqua. L’acqua calda, caldissima. È una beata goduria stare qui. In lontananza dei pescatori preparano la barca per avventurarsi in mare e dedicarsi alla pesca.
E poi arriva il tramonto, il momento della giornata che preferisco da sempre, ovunque. Gustarselo qui è un piacere all’ennesima potenza. Beviamo vino africano mentre giochiamo a carte nella grande veranda di paglia e aspettiamo la cena. Musica lounge, la brezza del mare, i rossi del tramonto che si tuffano all’orizzonte e danno il cambio alla luna. I granchietti zampettano veloci sulle stuoie a terra, il loro zac-zac-zac sul vimini è piacevolissimo.
Ceniamo a luce di candela e ammiriamo le stelle. Qui, fuori dal mondo, il cielo è di un blu profondo e le stelle sono infinite. Si accendono i rumori della notte. Della notte africana.
Qui siamo fuori da tutto. Non c’è nulla eppure c’è tutto.