Non so voi, ma a me capita quasi sempre che già prima di mettere piede in un posto ho alcuni luoghi in particolare che mi ispirano più di altri. Chiamatele ispirazioni, chiamatele fissazioni, ma fatto sta che questi luoghi mi chiamano e io ci devo assolutamente andare.
Nella maggior parte dei casi l’ispirazione è giusta e questi luoghi mi conquistano. Nel caso di Parigi è successo con Montmartre.
Quando si è trattato di scegliere dove alloggiare nei miei 4 giorni a Parigi non ho avuto dubbi: ho scelto un ostello in Rue Ramey, ai piedi della Basilica del Sacre Coeur, nel quartiere di Montmartre, a nord del centro di Parigi.
Montmartre un tempo si trovava al di fuori dei confini della città, era libera dalle tasse e gli affitti erano particolarmente bassi. A partire dalla fine dell’1800 divenne il centro dell’intrattenimento della Belle Époque; cominciarono a sorgere locali, bordelli e cabaret, alcuni dei quali entrati poi nel mito, come il Moulin Rouge, il Moulin de la Galette o Le Chat Noir (il gatto nero è diventato il simbolo di Montmartre).
Montmartre divenne quindi in quegli anni un forte luogo di richiamo per borghesi a caccia di emozioni, ma anche artisti e intellettuali rifugiati da tutta Europa, molti dei quali decisero di trasferirsi a vivere proprio a Montmartre. Nacquero amicizie e si intrecciarono legami molto forti tra artisti di tutti i generi che incoraggiò il fiorire di nuovi stili in pittura, letteratura e musica. Dibattiti sulle nuove correnti artistiche, filosofiche e letterarie si svolgevano ai tavolini dei caffè di tutta Montmartre.
Quando nel 1919 l’americana Sylvia Beach aprì la sua libreria Shakespeare and Company sulla Rive Gauche (esiste ancora oggi e si trova nel quartiere latino), cominciarono ad arrivare anche artisti inglesi e americani come Hemingway, Joyce, Miller e Fitzgerald. Opere considerate troppo esplicite o all’avanguardia nei loro paesi di provenienza, furono pubblicate per la prima volta proprio a Parigi (fu la Beach a pubblicare ad esempio l’Ulisse di Joyce per la prima volta).
Il momento migliore della giornata per visitare Montmartre è senza dubbio il primo mattino, quando le sue stradine acciottolate non sono ancora invase dai turisti, i bistrot si stanno preparando ad aprire e i parigini escono per andare al lavoro.
Io comincio la mia perlustrazione che non sono neanche le nove di mattina. C’è pace e tranquillità nell’aria, le condizioni ideali per cercare di immaginarsi come doveva essere Montmartre nei primi del Novecento, quando era frequentata da Hemingway, Picasso e Modigliani.
La mia visita non può che cominciare dal Sacre Coeur, la grande basilica bianca che svetta su tutta la collina di Montmartre (chiamata “Butte” dai suoi abitanti). L’ingresso alla basilica è gratuito (a pagamento l’ingresso alla cupola e alla cripta). Gli interni sono semplici ed essenziali. La basilica sorge sul punto più alto di tutta la città; la vista che si può godere dal suo sagrato – che spazia su tutta la Parigi sottostante – è davvero uno spettacolo.
Dal Sacre Coeur mi sposto a St. Pierre de Montmartre, la piccola chiesetta lì accanto, una delle più antiche di Parigi oltre che uno dei pochi esempi di arte romanica in città. Piccola e raccolta, con una splendida navata del XII secolo, è un vero gioiellino e un luogo veramente intimo.
Da lì arrivo in Place de Tertre, perfetto richiamo per i turisti: qui si concentrano la maggior parte dei bistrot e dei negozi di souvenir di Montmartre. È ancora presto e i ritrattisti stanno cominciando solo ora a preparare tele e colori. Di lì a poco la piazza si riempirà di vita.
Scendo Rue de Mont Cenis per assaporare il fascino della vecchia Montmartre. Giro a sinistra in Rue de Cortot. Qui c’è il Museo di Montmartre che conserva cimeli del periodo fin de siècle. A fine ottocento, nell’edificio seicentesco che ospita il museo vivevano molti artisti, tra cui i pittori Dufy e Renoir.
Proseguo lungo Rue de Saules: sulla destra c’è ciò che resta degli ultimi vigneti di Montmartre. La vendemmia si tiene il primo sabato di ottobre;i circa 284 litri di vino prodotti ogni anno vengono battuti all’asta e il ricavato va in beneficenza. Intorno agli anni ’20 la Butte era ricoperta da vigneti.
Sulla sinistra spicca una pittoresca casa rosa, proprio “da cartolina”. La Maison Rose è oggi un ristorante ed è famosa per essere stata immortalata dal pittore Maurice Utrillo. Scendendo lungo Rue de Saules, subito dopo i vigneti c’è il leggendario Lapin Agile, il cabaret un tempo frequentato da Picasso e Modigliani.
A questo punto risalgo verso Rue de l’Abrevoir e proseguo verso la misteriosa Allées des Brouillards. Qui, tra giardini in fiore e palazzi ottocenteschi ha vissuto anche il pittore Renoir. Scendendo verso l’Avenue Junot e Rue Lepic, tra le viuzze, trovo il famoso Moulin de la Galette (anch’esso è oggi un ristorante) protagonista di vari dipinti di Renoir. È uno di pochi mulini rimasti a Montmartre.
Giro a destra giù per Rue d’Orchampt. Qui, al numero 13 di place Émile-Goudeau, agli inizi del ‘900, Picasso, Max Jacob e altri vivevano nel Bateau-Lavoir, un vecchio magazzino trasformato in un complesso di alloggi molto spartani (mancavano sia il gas sia l’elettricità). Qui Picasso dipinse Les demoiselles d’Avignon e Gaugain andò a viverci al rientro dal suo primo viaggio a Tahiti.
La cosiddetta “Banda Picasso” era piuttosto rumorosa; spesso si radunavano la sera per cantare, ubriacarsi o leggere poesie (nel 1909 Picasso scriverà col gesso sulla porta del suo studio “Qui è il luogo d’incontro dei poeti”). Altre sere si trasferivano presso Le cabaret des assassins, oppure Au Lapin Agile a pochi passi da casa. Verso la mezzanotte, quando chiudevano i locali, la banda tornava a piedi lungo le stradine di Montmartre facendo baldoria lungo tutto il percorso; e Picasso, che possedeva una rivoltella che portava sempre con sé, amava segnalare il suo ritorno a casa sparando un colpo in aria che innescava le inevitabili invettive dei vicini; altre volte richiamava l’attenzione sparando un colpo al suo risveglio.
Le sorprese non sono ancora finite. Proseguo lungo Rue Durantin, verso Rue Tholozè e giro a sinistra. Al numero 10 c’è il cinema Studio 28. Praticamente un pezzo di storia del cinema. Qui, nel 1930, venne proiettato per la prima volta il mitico L’Age d’Or di Luis Buñuel, che non venne accolto proprio nel migliore dei modi: il pubblico imbrattò lo schermo con uova e inchiostro.
La zona di Rue des Abesses è il posto ideale per concludere la mia perlustrazione a piedi nella vecchia Montmartre. Per concludere, come un vero artista, ne approfitto per fare una pausa in un caffè.