Il mio ingresso in Laos lo sognavo da mesi: avrei lasciato la città di Chiang Rai, nel nord della Thailandia, con un bus locale che in due ore e mezza mi avrebbe portata a Chiang Khong, una piccola località al confine con il Laos, uno dei posti di frontiera più agevoli e preferiti da chi si sposta via terra attraverso il Sud-Est Asiatico.
Il mio arrivo in Laos sarebbe avvenuto nel modo secondo me più romantico possibile: in barca. Io, già innamorata del Laos e con aspettative altissime, non riuscivo a pensare a un modo più poetico e leggiadro per arrivarci, per altro attraverso un fiume mitico entrato nell’immaginario di tutti: il Mekong.
Chiang Khong e Huay Xai se ne stanno infatti lì, beatamente affacciate sul fiume Mekong, una di fronte all’altra; su una sponda è territorio thailandese, sull’altra laotiano. Con una traversata di tre minuti il Caronte della situazione mi avrebbe traghettato in Laos.
Perché uso il condizionale? Perché ora non è più così.
Complice la mia guida non aggiornata o il mio animo romantico che mi ha offuscato ogni altra possibilità, mi sono trovata davanti una situazione completamente diversa. Ciò che io non sapevo (la guida in effetti ne aveva fatto menzione, ma a me il dettaglio era sfuggito) è che nel frattempo tra le due opposte sponde del Mekong è stato costruito un ponte (un altro), il Friendship Bridge IV. E la poesia è venuta meno. Del tutto.
Subito sono corsa con il pensiero alle parole di Terzani, che in Un indovino mi disse parla appunto dei ponti, emblema del progresso, a cui i laotiani si sono sempre opposti:
“No grazie, il ponte non ci serve” hanno risposto ogni volta. “Vogliamo continuare a vivere a modo nostro”. Purtroppo anche quel mondo sta per tramontare. Oggi un paese al bivio tra modernizzazione-distruzione e un isolamento che conservi la sua identità è in realtà senza scelta: gli altri hanno già deciso per lui
Arrivando con il bus locale succede che ora si viene lasciati fuori dall’abitato di Chiang Khong in balia dei guidatori di tuk-tuk, unico mezzo di trasporto possibile per arrivare al checkpoint, la dogana thailandese, che sta a 4 chilometri di distanza.
Accetto il passaggio del tuk-tuk delusa e incredula. Ero già pronta a buttare il mio zaino su una slowboat! In pochi minuti mi ritrovo al di fuori di un edificio imponente che ha le sembianze di un brutto aeroporto (è triste e grigio che fa quasi venire il magone).
Sbrigate le formalità, piuttosto velocemente, mi aspetta un pullman. Si, avete capito bene: dalla dogana thailandese si raggiunge la dogana laotiana con un pullman di linea. Il tutto in modo così organizzato e automatizzato che mi fa venire doppiamente il magone.
Dove sono i traghettatori? Dove sono le long-tail boat che aspettano i viaggiatori, le trafile alla dogana, dove armati di pazienza si doveva attendere che qualche funzionario si decidesse a mettere l’agognato visto sul passaporto?
Tiro le tendine del pullman per cercare di vedere qualcosa attraverso i finestrini scuri, nel disperato tentativo di recuperare comunque un po’ di poesia. Il Mekong lo intravedo appena, là sotto, là fuori, e sembra lontanissimo. Il ponte è un’opera mastodontica – manco dovesse essere attraversato da mezzi speciali – e lo si attraversa in un paio di minuti. Asfaltato da poco, il pullman lo percorre lentamente e senza urti.
Scendo dal pullman: arrivata in Laos. Il mio arrivo sul suolo laotiano non me l’ero certo immaginata così.
Compilo il modulo di ingresso nel paese, fornisco foto tessera e pago i miei 35 dollari di visto (la cifra è tra i 30 e i 42 dollari a seconda della nazionalità). Cinque minuti e il mio visto e lì, bello appiccicato sul mio passaporto. Quello che volevo no? In fondo in Laos sono arrivata, non ho dovuto spazientirmi nell’attesa, tutto si è svolto alla perfezione.. ma la poesia, la poesia del fiume, della lentezza, come una volta.. era davvero necessario questo ennesimo ponte? Perché cambiare per forza? Perché gettare cemento su cemento come se fosse solo il cemento a sancire quanto un paese sia evoluto e moderno?
Scopro così che il Quarto Ponte dell’Amicizia, terminato nel 2013, è l’ultimo tratto che sancisce il completamento della strada RA3 tra Chiang Khong e Jinghong, città cinese della Provincia dello Yunnan. Questa arteria fa parte dell’autostrada asiatica AH3 che unisce Chiang Rai a Shanghai. Dal dicembre 2013 non è più possibile arrivare in barca da Chiang Khong a Huay Xai: le barche non fanno più servizio e la dogana è stata abbandonata.
Perché, perché, perché… Mentre mi arrovello a cercare una risposta alla modernità che a quanto pare viene avanti a passi veloci anche in Laos, la bella (ennesima) scoperta: Huay Xai, il centro più vicino da cui partono i mezzi per spostarsi attraverso il paese, è a una decina di chilometri di distanza. I tuk-tuk driver ci aspettano sorridenti. Sorridono perché sanno che anche se ci lamentiamo perché il prezzo della corsa è caro, non abbiamo alternative.
Sì, il mio viaggio in Laos non è iniziato nel migliore dei modi. Ma scoprirò presto che ha in serbo per me delle belle rivelazioni.
Belle soprese eh? Spero che il prosieguo sia positivo!
Si Dany! L'inizio non é stato dei migliori ma poi….devo raccontare!
Carissima Claudia, ti seguo da tanto ed in questi giorni ancor di piú dato che sto organizzando il mio Thai del nord + Laos in fai da te. Posso chiederti se raggiungere il Laos via terra dal nord Thai richiede davvero 2 giorni come sto leggendo ovunque? Mi pare di capire che non sia nulla di che: meglio a questo punto un volo interno, anche se costa oltre 130 euro, soprattutto considerando che ho 14 giorni di tempo? G
razie per i consigli che vorrai darmi, buona giornata! Simona
Ciao Simona! felice di poterti essere d’aiuto!
In realtà raggiungere il Laos del nord è facilissimo e ancora più veloce ora che c’è il ponte (come puoi leggere nel post). Da Chiang Rai basta prendere uno dei tanti bus per Chiang Khong e da lì raggiungere la frontiera in taxi/tuk-tuk. E’ tutto davvero facilissimo. Se hai tempo ti sconsiglio il volo interno, anche perché attraversare le frontiere via terra è sempre qualcosa di emozionante (il visto te lo rilasciano al momento appena arrivi al checkpoint laotiano). Il nord del Laos è molto verde e selvaggio, zona ideale dove fare trekking; io ti consiglio di puntare su Luang Namtha (ma evita Muang Sing perché è avvilente). Da lì puoi raggiungere anche la zona di Phongsali e fare la discesa in barca lungo il Nam Ou (molto bello). L’unica cosa è che in questo periodo dell’anno nel nord del Laos fa abbastanza freddino. Per il resto è bellissimo!
Fammi sapere!
Cara Claudia sei stata davvero iper mega gentilissima! Andrò a febbraio, le temperature dovrebbero essere più clementi, ma cercherà di partire attrezzata. Purtroppo avrò solo 7/8 giorni da dedicare al Laos; considerando che vorrei prendere il treno Vientiane-Bangkok l’ultima notte (il tuo post riguardo il tragitto in treno mi ha convinto definitivamente per questa opzione!!), pensavo di concentrarmi sul nord per trekking e natura e da Luang Prabang raggiungere la capitale in bus (davvero ci vogliono solo 6 ore come ho letto in giro?), evitando Vang Vieng perche temo troppo turisticata. Secondo te è fattibile? Vale la pena inserire nell’itinerario Kuang Si e le grotte sacre di Pak Ou? Scusami se approfitto della tua disponibilità e grazie mille per il tuo tempo <3
Un caro saluto e a presto!
Simona
Ciao Simona! Figurati, è un piacere esserti di aiuto! Da LP a Vientiane non sono 6 ore, ma almeno il doppio (io ho fatto tappa intermedia a Vanvieng che paesaggisticamente è splendida ma purtroppo è rovinata dal turismo, se hai poco tempo saltala). Potresti prendere uno sleeping bus notturno per risparmiare tempo (oltre che una notte in hotel). Se ti dovesse avanzare tempo però io ti suggerisco ancora la discesa lungo il Nam Ou (Muang Noi è splendida). Kuang Si e Pak Ou le puoi visitare partecipando a escursioni in giornata da Luang Prabang.
Un abbraccio a te e a presto!