Gli unici stranieri a bordo del piccolo bus sgangherato siamo io e Peter, un olandese sui cinquantanni. Stiamo stipati come polli nelle stive e carichi di sacchi, borse e borsoni che trovano posto sotto, sopra, a fianco di noi, impilati sul tetto del bus.
Siamo partiti da Luang Namtha, città del Laos settentrionale, e stiamo andando a Muang Sing, ancora più a nord, quasi al confine con la Cina. Cosa ci stiamo andando a fare? È proprio la domanda che mi sto facendo anche io appena arrivata in questo posto sperduto tra strade impolverate e nebbia.
La prima impressione è quella di trovarmi in un villaggio abbandonato del Vecchio West; mancano i pistoleri a cavallo e poi l’atmosfera è la stessa. Quella di un posto dimenticato da Dio.
Muang Sing non me l’ero immaginata così.
La Lonely Planet me l’aveva descritto come “Adagiata nell’ampia pianura fluviale del Nam La, è una cittadina che offre uno scenario molto pittoresco, con le donne più anziane che indossano ancora i costumi tradizionali”.
In effetti sono venuta fin quassù per fare un’escursione di trekking tra le tribù akha, hmong, tai bam e mien che si trovano sparpagliate nel circondario. Popolazioni ancora animiste, che non parlano lao ma ognuna la propria lingua, ognuna con tradizioni, usanze, costumi e storie diverse.
Quello che mi si para davanti – arrivata in Laos da soli due giorni – non è quello che mi aspettavo, ovvero una pittoresca località di montagna, e non è molto confortante. Lo ammetto, il primo pensiero è quello di andarmene quanto prima.
Muang Sing appare un posto semi-abbandonato, con guesthouse chiuse e ristoranti in cui troneggiano ideogrammi cinesi. Camminare per strada significa dribblare polli e oche spelacchiate e fare sempre ben attenzione a dove si mettono i piedi (ma come è un po’ una costante in tutto il Sud-est Asiatico del resto).
Trovare un posto per dormire che sia decente appare un’impresa ardua. La prima è sopra un ristorante cinese, con travi di legno traballanti. “C’è anche il bagno in camera” dice tronfio il proprietario, ma il “bagno” non lo si può proprio guardare (e credetemi, io mi adatto a tutto). La seconda opzione è un hotel (qui un hotel?) con ampie macchie gialle sulle pareti delle stanze, lenzuola trasparenti e aria stantia. No grazie, proviamo a cercare qualcosa di meglio.
La mia buona stella mi assiste e mi conduce al Phou Iu 2, un complesso di bungalow in un bel giardino pieno di fiori e piante: ok, stiamo qui! Sembra un miraggio in quella landa sperduta e desolata che è Muang Sing.
In tutta Muang Sing gli unici turisti siamo io, Peter e Dagmar, un’austriaca che vive a Città del Messico arrivata in bus nel pomeriggio. Cerchiamo una spiegazione a quello che vediamo e non riusciamo a capire. Sembra che Muang Sing sia stata abbandonata dal turismo; allo stesso tempo l’influenza cinese è pesantemente evidente, ma la cosa non stupisce visto che il confine cinese è a pochi, pochissimi chilometri.
Cosa c’è da fare e vedere a Muang Sing?
Ci sono un paio di templi carini da visitare, il Wat Xieng Jai e il Way Namkeo Luang, con lunghe bandiere di preghiera che pendono dal soffitto e statue con un Buddha dalle orecchie insolitamente grandi.
C’è un museo tribale (ingresso 5.000 kip) che mostra i costumi tribali delle popolazioni della zona, soprattutto akha, e manufatti di artigianato.
La mattina presto vicino alla stazione degli autobus ogni giorno si tiene il mercato di generi alimentari (soprattutto frutta e verdura). Molte donne vestono ancora con copricapi tradizionali o sgargianti vestiti tribali.
Il pomeriggio del primo giorno noleggio una bici sgangherata e mi avventuro fuori da Muang Sing. Tutto intorno ci sono diversi piccoli villaggi di case di bambù e tetti di paglia in mezzo alla campagna, tra campi di riso e animali al pascolo, facili da esplorare anche a piedi.
Di ritorno passo dall’Ufficio Turistico per chiedere informazioni per partecipare a un’escursione di trekking il giorno dopo. “How many people?” Eh, effettivamente sono solo io.. Ohhh, servono almeno quattro persone, ma se voglio posso fermarmi per bere una birra con loro. Ok, meglio lasciar perdere.
La mia guesthouse mi salva un’altra volta: anche loro possono prenotarmi l’escursione, ma bisogna essere almeno in due. Dagmar mi ha già detto che non è interessata, quindi confido in Peter. Anche per Peter deve essere lo stesso perché appena mi vede la prima domanda è: “Are you going trekking tomorrow?“. Affare fatto, si fa.
Scopro che la nebbia la mattina è una costante da queste parti, almeno in questo periodo dell’anno, e che il cielo si scopre solo intorno alle 11 della mattina, quando anche le temperature si fanno più miti (perché la sera e la mattina fa freddino).
La nostra escursione comincia da un villaggio akha, in aperta campagna, dove ogni casa – rigorosamente in legno e su palafitte – ha una propria rudimentale distilleria per produrre whisky, per consumo personale.
Le campagne intorno ospitano soprattutto coltivazioni di riso, che in questo periodo di stagione secca sono sostituite dalla coltivazione di ortaggi e cocomeri.
Attraversiamo piantagioni di banana, campi e boschi, attraversiamo ruscelli, accompagnati dalla nostra guida. Ci fermiamo in un altro villaggio. C’è chi pesta in un mortaio per fare polvere da sparo, ci sono i bambini che prima fanno i timidi ma poi si lasciano incuriosire dalla macchina fotografica. Ci sono maiali neri che vagano liberi (tanti, tanti maiali ovunque), cani che dormono beati, c’è chi va avanti e indietro dalle campagne.
Probabilmente ai loro occhi, soprattutto quelli dei bambini, appaiamo come degli extaterrestri, così bianchi e col naso lungo (la nostra guida ci confessa che ci prendono in giro per questo), con il nostro abbigliamento tecnico e le nostre macchine fotografiche appariscenti.
Nel frattempo è uscito il sole a colorare il paesaggio intorno. Dall’alto della collina i campi coltivati si accendono di verde, le montagne della Cina spuntano in tutta la loro bellezza. Con il sole è anche spuntata la fame e per pranzo ci fermiamo a consumare il nostro pasto al sacco in un altro villaggio, tra la curiosità di tutti (ma che è anche la nostra).
La nostra passeggiata prosegue anche dopo pranzo, su e giù lungo il crinale della collina, fiancheggiando campi e lungo sentieri dolcemente assolati. Un ultimo villaggio akha ci aspetta, ci attardiamo ancora qualche istante. Incontriamo bambini e donne al lavoro, alcuni uomini sono nei campi, altri oziano all’ombra.
Ci fermiamo per un tè all’Adima, un bel complesso di bungalow nel verde, fuori dal centro abitato (se già i turisti a Muang Sing sono pochi, mi immagino in quanti si arrischino ad arrivare fino qui). E poi si rientra. Ed è un peccato perché Muang Sing è brutta da morire ma la passeggiata della giornata è stata super interessante.
Mi sa che arriveranno altre.
La descrizione della giornata di trekking é molto bella…mi immagino che spettacolo passeggiare per quei posti (non per il paesino!!)
Grazie per il tuo commento Elisa! In effetti riguardando le foto le emozioni sono state forti e mi sono accorta che l'esperienza tra le.minoranze etniche ha lasciato il segno.. Jn quanto a Muang Sing.. Penso uno dei posti più brutti che io abbia mai visto! Ma anche questo é viaggio..
Io sono in questo momento a Muang Sing, sono talmente incredulo dello squallore di questa cittadina ch mi sono messo a cercare infomazioni e ho trovato il tuo resoconto. L’ufficio informazioni non esiste neanche più e il museo è chiuso. L’atmosfera è terrificante, tutto l’opposto di quello che dic la lonely planet. Non esistono neanche più posti dove noleggiare la bici. Inutile dire di essere l’unico turista che ho visto in tutta la giornata, di solito questa cosa mi esalta ma in questo caso è sconfortante… Non vedo l’ora di scappare da qua!
Ciao Stefano,
So esattamente come ti senti perché è lo stesso identico stato d’animo che ho provato io quando ci sono arrivata a novembre 2014. Quanto ho maledetto la Lonely Planet in quel momento!
Il mio consiglio è quello di tornare a Luang Namtha e fare un trekking li, visto che a Muang Sing immagino sia impossibile trovare dei tour disponibili (io l’ho fatto tramite il lode dove stavo ed eravamo solo in due).
Resisti!
Complimenti per il post. Ci sono stato nel 2010. Stesse sensazioni , noleggiato bici ed arrivato al confine con la Cina. Bellissimo!
Ciao Mappi!
Quindi mi confermi che già nel 2010 Muang Sing era abbastanza desolato? Bellissimo arrivare in bici fino al confine, hai avuto una splendida idea