Se foste stati al Terminal 1 di Malpensa il 12 novembre 2014 avreste visto una tizia aggirarsi con passo frenetico e guardo deciso, sfrecciante tra le corsie del gate come una trottola. Se foste stati lì e aveste messo a fuoco meglio il suo viso, avreste letto segni di chiaro entusiasmo ma anche ombre di dubbio e un certo velo di esitazione.
Sono passati due mesi e quella tizia – che sarei io – un po’ di chilometri nel frattempo ne ha macinati e anche di esperienze da raccontare.
Quella tizia per ora ha dormito in 23 posti diversi, ha attraversato tre confini, preso bus, treni, barche, sleeping bus, ha fatto pezzi di strada con altri viaggiatori zaino in spalla come lei, ha conosciuto gente da ogni dove, ha dovuto imparare a giostrarsi tra tre valute diverse, imparare i rudimenti di altrettante lingue. Ha visto villaggi dove si vive ai limiti della sussistenza, visto città iperglobalizzate, si è rifugiata in templi bellissimi e raccolti, si è ritrovata in luoghi dimenticati da ogni Dio, autostrade a sei corsie e strade di fango.
Quella tizia ha visto il paesaggio cambiare progressivamente davanti ai suoi occhi viaggiando via terra attraverso tre paesi (per ora) e ha sperimentato la bellezza del viaggiare a ritmo lento, senza ansie e limiti di tempo (se non quelli dei visti), senza preoccupazioni, senza itinerari da rispettare a ogni costo. Si è mossa secondo le sue ispirazioni, seguendo il suo sesto sesto, la sua voglia di andare o la sua voglia di restare.
Viaggiare così è una grande fortuna – lo so – e sono grata alla mia buona stella che mi ha dato la forza di mollare tutto e andare, mettermi in gioco e regalarmi un’esperienza di vita che so mi fa e mi farà un gran bene. Grazie per avermi aiutato a trovare quella dose di coraggio che mi serviva, per avermi fatto capire che ce la potevo fare e che in fondo dovevo. Dovevo perché era un progetto che sentivo con forza e sapevo che era la cosa giusta da fare.
E così è stato. In questi due mesi non c’è stato un solo giorno o un solo istante in cui abbia sentito che stavo sbagliando, anzi. Ci sono stati momenti in cui ho sentito nostalgia di casa e delle mie pantofole, ma sono passati presto. Momenti di sconforto e tristezza praticamente nessuno, momenti di ripensamento o cedimento meno di zero.
È bello essere on the road.
Il viaggio che sto facendo non ha nulla a che spartire con i viaggi che ho fatto fin’ora, è qualcosa di completamente diverso. Questo mio viaggio ha più a che vedere con la vita e il suo senso ultimo che con una vacanza o un semplice viaggio. Sto andando e sono libera, sono sola ma ho tutto il mondo con me e questo è ciò che conta.
Mi sento a casa in ogni posto io mi trovi, mi mischio ai locali e cerco di stare il più che posso in mezzo a loro (e questa cosa mi piace da matti). Sperimento, imparo, scopro cose nuove, parlo con sconosciuti da tutto il mondo, vedo cose strane (come il maiale stecchito che ho visto ieri mentre camminavo – o almeno cercavo di – sul marciapiede qui ad Hanoi), mi lascio stupire, sorrido. Ogni giorno.
Sono passati due mesi e sono circa a metà del percorso che mi ero prefissata e sono felice. Felice per quello che sto vivendo, felice per sentirmi così parte di questo mondo, felice per quello che questo viaggio mi sta dando.
Sono infinitamente grata alla mia buona stella che è con me e mi infonde sicurezza, mi dà lo sprint per ripartire ogni volta, sempre con la giusta carica di curiosità e di energia. La mia buona stella non mi fa mai sentire sola, mi fa sentire fiera di me stessa e mi fa apprezzare la vita, in ogni suo dettaglio, in ogni circostanza. La mia buona stella mi sta regalando attimi di grande gioia e mi sta facendo riflettere su me stessa, su quello che vado cercando e ciò da cui provengo.
Proprio oggi, 12 gennaio, sarebbe stato il compleanno della mia buona stella. Il mio viaggio è dedicato a lui, la parte più importante di me.
#serendipity colpisce ancora. Proprio ieri sera addormentandomi leggevo questo "In the esoteric Judaism of the Cabalah, the Deep Self is named the Neshamah, from the root of Shmhm "to hear or listen": the Neshamah is She Who Listens, the soul who inspires or guides us"… Io sto semplicemente leggendo The Artist's Way e non chissà che librone sull'ebraismo. Ma questa immagine (e nome) del Deep Self mi era rimasta dentro. Credo che tu Claudia, si una viaggiatrice straordinaria, per il tuo enorme potere di empatia e di ascolto. Buon compimese 🙂
Ma che complimentone, grazie! Forse è un po' esagerato, ma gli auguri per il mio complimese li accetto volentierissimo…
Ps: quello che stai leggendo è il mio genere di lettura 🙂 mi piace!
Emozione forte, per quello che scrivi e la serenità che trasmetti. Buona strada Claudia, con la tua Stella che ti illuminerà sempre il cammino.
Grazie Francesca, che belle le tue parole, mi fanno tanto piacere! 🙂
Leggo i tuoi post e sorrido, felice dell'esperienza che stai vivendo; li leggo per cercare anche io quel coraggio. Per mettermi alla prova e scoprire quella libertà di cui parli.
Buon complimese e buon viaggio! Un forte abbraccio.
Erika | Viaggi del taccuino
Erika GRAZIE! Le tue parole mi fanno tanto piacere 🙂 come ripeto sempre non é tanto questione di coraggio secondo me. Si tratta solo di capire quali sono le proprie priorità; una volta realizzato viene spontaneo scegliere (e se ce l'ho fatta io – credimi – ce la possono fare tutti). Un abbraccione! ????
Grazie a te! 🙂 E' proprio quello che sto cercando di fare… ascoltarmi e capire le mie priorità. Intanto ti seguo in questa grande avventura.
Un abbraccio!!!
Vuoi un consiglio Erika? Fregatene delle convenzioni sociali e di quello che dice la gente. Fai quello che senti solo tu! Ti faccio un grosso in bocca al lupo e fammi sapere gli sviluppi…
Grazie tantissimo per il supporto! Un abbraccio