Ogni volta giuro a me stessa che questa volta sarà l’ultima, ma alla fine ci ricasco. Il fatto è che ne trovo sempre di nuove, dai nomi a volte strabilianti, la guida raccomanda di andarci, perché è “la più bella di tutto il paese e non la si può perdere per nulla al mondo” oppure mi ci portano a mia insaputa e così mi ritrovo di nuovo lì, di fronte all’ingresso di una grotta.
Il sospetto è che qualcuno ci stia calcando un po’ la mano. Dalla grotta di Chiang Dao, nella Thailandia del nord, all’ultima, quella di Tam Soc, in Vietnam, il mio viaggio nel Sud-Est Asiatico è tutto un susseguirsi di mirabolanti cavità da visitare presentate ai turisti come un richiamo irrinunciabile.
Vietnam e Laos sono in effetti tutto un proliferare di grotte per via della conformazione carsica che costituisce una caratteristica di buona parte dei loro straordinari panorami, ma il sospetto però rimane. Dopo l’ennesima visita guidata in una grotta bellissima ma illuminata a giorno in cui ci è stata indicata “la scimmia che si arrampica su un albero di banana” o “il drago che si morde la coda”, a un certo punto qualcuno del mio gruppo si è messo a urlare dicendo di aver visto “un unicorno in volo” o “un pinguino che faceva l’occhiolino”.
Il sospetto è che queste fantomatiche e più o meno interessanti caverne siano un po’ una trappola per i turisti (anche se la visita alla Hospital Cave di Cat Ba Island, usata come ospedale durante la guerra del Vietnam, ha un significato totalmente diverso). Quello che mi sembra è che la parola “cave” voglia funzionare da calamita per i turisti come le api con il miele.
Non ci sono solo le grotte però. Durante il mio viaggiare attraverso il Sud-Est Asiatico mi sono accorta che ci sono delle altre costanti, trappole per turisti che puntualmente si ripropongono, pronte ad accalappiare turisti ingenui disposti a tutto. Dopo le grotte metto le cascate.
Fateci caso, non c’è programma di trekking in cui non compaia la dicitura “waterfalls”, quasi che un’escursione nella foresta non potesse essere completa senza una cascatella di qualche sorta. Perché alla fine di cascatella spesso si tratta, un salto d’acqua di pochi metri (o centimetri?) che però affascina sempre i turisti.
Durante il mio trekking nel nord del Laos la mia guida mi ha fatto uscire dal sentiero e ha scorticato qualche pianta a colpi di machete per farmi arrivare di fronte a un ruscelletto che scendeva saltellando tra le rocce. “So you can take a photograph”: la cascata non è niente di che, ma vuoi non scattare una foto comunque?
In terza posizione metterei un’altra costante popolarissima: i massaggi. I massaggi fanno parte della tradizione buddista, quindi non stupisce che si trovino pubblicizzati spesso nei paesi del Sud-Est Asiatico. Il problema è che più una zona è turistica maggiore sarà il numero di centri per i massaggi, perché noi turisti occidentali per i massaggi abbiamo un debole e loro – i furbastri – se ne sono accorti.
Alcuni sono centri seri, con massaggiatori professionisti, altre volte sono centri soprattutto per maschietti (a cui viene offerto l’happy ending, soprattutto in Thailandia), nella maggior parte dei casi comunque non si sa mai se si andrà a finire in mani esperte o improvvisate (più probabile la seconda ipotesi).
Nota bene: i massaggi da queste parti non sono esattamente i massaggi a cui siamo abituati noi e di rilassante hanno spesso ben poco. In genere si basano su tecniche di digito-pressione e possono essere esperienze molto gratificanti, ma sulla competenza dei massaggiatori resta sempre un bel punto di domanda (spezzo una lancia a favore ricordando due centri per i massaggi che se vi trovate a Chiang Mai vale davvero la pena provare; se ne avete altri da segnalare ditemi pure).
L’identikit del turista tipo del Sud-Est Asiatico è quasi ultimato: si incanta di fronte a caverne e cascate di ogni sorta, non si tira mai indietro di fronte alla possibilità di ricevere un massaggio e, dulcis in fundo, toglietegli tutto ma fategli gustare il tramonto in santa pace.
A queste latitudini (ma non solo qui, non ho mai capito perché i tramonti in Pianura Padana non sono così belli), i tramonti sono spesso dei veri e propri spettacoli infuocati. Il turista occidentale medio va in visibilio per un tramonto rossastro con vista fiume sorseggiando una birra ghiacciata, I furbastri l’hanno capito da un pezzo e si sono attrezzati: i bar panoramici si trovano ormai ovunque, molti offrono 2 cocktail al prezzo di uno, le gite in barca al tramonto non si contano. Così ci si ritrova tutti (ma proprio tutti) sulla collina di Phu Si, sopra Luang Prabang, stretti come sardine ad aspettare il tramonto (che magari alla fine viene pure rovinato da una nuvola).
ancora in viaggio… viste da qui anche le trappole per turisti sembrano un paradiso!
Non che mi stia lamentando eh, solo che dopo tanto viaggiare alcune cose diventano lampanti.. Ciao Daniela!