Con le città in genere mi succede che o è amore a prima vista, fin dal primissimo istante in cui ci metto piede, oppure amore non è. Mi viene in mente ad esempio Istanbul, quando arrivando col traghetto e ammirando per la prima volta il profilo della città disegnato da moschee e minareti, immerso nei colori del tramonto, ne rimasi subito folgorata. O Singapore, che mi affascinò già intravedendola dal finestrino dell’aereo. O
E con Berlino? Con Berlino non è andata esattamente così, ma c’è un “ma” correlato a sensazione nuova, a cui non ero preparata. Queste le mie impressioni di Berlino (con sorpresa).
Atterro all’aeroporto di Schönefeld con un volo low-cost di Ryan Air. In poco più di 4o minuti, dopo aver preso treno (S-Banh) e metro (U-Banh), sono a Kreuzberg, un quartiere poco distante dal centro, dove ho deciso di alloggiare (che tra l’altro vista l’alta concentrazione di turchi è chiamata “Little Istanbul”: le premesse sono buone). Lascio il mio bagaglio e riprendo subito la metro per fiondarmi in centro città.
Prima botta morale: il biglietto della metro costa 2,70€, quindi deduco che urge fare abbonamento per i mezzi (ancora meglio, Welcome Card, che include anche ingressi gratis e riduzioni per musei ed esercizi commerciali). Scendo a Brandenburger Tor, proprio a due passi dalla Porta di Brandeburgo. L’emozione è tanta mentre salgo i gradini dell’uscita della metro e la vedo comparire, gradino dopo gradino, sopra di me. Finalmente eccola! Delusione numero due: perché me l’aspettavo molto più grande?
Visto che sono in zona vado a vedere il Monumento dell’Olocausto, una selva di blocchi di cemento dall’effetto alquanto insolito che comprende anche l’Ort der Information, un’esposizione sugli orrori della shoah. Quindi mi dedico a una passeggiata “storica”.
Concentrata tra la Wilhelmstrasse e il viale Unter den Linden si trova il vecchio Regierungsviertel, il quartiere dove sorgevano i palazzi del potere nazista, come il Consiglio di stato prussiano, il Ministero degli Esteri di Von Ribbentrop, la Cancelleria di Hitler, il Ministero per la Propaganda e molti altri. Alcuni sono ora palazzi governativi, ma la maggior parte sono stati completamente distrutti dai bombardamenti durante la Seconda Guerra Mondiale. Non ne resta nulla.
Eccola la delusione numero tre (ma mi avevano avvisata): se volete andare a Berlino per andare a caccia di monumenti storici resterete delusi. La maggior parte dei vecchi monumenti sono andati distrutti (basta vedere una foto della Berlino durante la guerra per capire: in giro cumuli e cumuli di macerie), molti sono stati ricostruiti. L’effetto ricostruzione è molto evidente.
Durante il mio itinerario storico lungo la Wilhelmstrasse faccio una deviazione fino a Postdamer Platz e mi imbatto in un pezzo di muro: vederlo ancora lì, intero, colorato di graffiti, è emozionante. Le emozioni si fanno sentire anche alla Topographie des Terrors, dove, accanto a un’altra consistente porzione di muro, c’è un interessante spazio espositivo ricco di foto e testimonianze delle sofferenze di Berlino durante gli anni del Nazismo. Poco distante c’è il famoso Checkpoint Charlie, la ricostruzione di quello che era posto di confine tra Berlino Est e Berlino Ovest.
Visto che ho voglia di camminare risalgo Friedrichstrasse e prendo Leipzigerstrasse; la percorro in tutta la sua lunghezza fino a raggiungere la mitica Alexanderplatz, la piazza più famosa di Berlino, dove svetta la Torre della Televisione, che con i suoi 368 metri di altezza è l’edificio più alto dell’Europa occidentale (ci voglio salire).
La mia giornata a Berlino volge quasi al termine, ma dentro di me questa prima giornata non mi ha entusiasmato. A pelle, mi sembra che con Berlino non sia (ancora) scattata la scintilla.
È durante la mia seconda giornata che Berlino comincia a sussurrarmi all’orecchio e a presentarsi. Forse è per via della visita all’Isola dei Musei, l’isola sul fiume – la Sprea – che comprende un blocco di cinque musei, i più importanti di Berlino; forse è per la spettacolare vista sulla città dall’alto della Torre della Televisione; forse è per la serata passata a Kreuzberg, tra ristoranti etnici e graffiti; forse è per il sole che finalmente fa un po’ capolino e riscalda l’aria (gelida).
Ma no, è per qualcos’altro.
C’era un posto di Berlino che volevo vedere a tutti i costi, un posto che mi è piaciuto moltissimo: è la East Side Gallery, una sorta di galleria a cielo aperto dove i quadri sono graffiti e le tele sono il muro, quel muro – der Mauer – “il” muro in persona, che dal ’61 all’89 ha diviso in due la città (e l’intera nazione) che qui corre ancora per 1.300 metri. 1.300 metri che writer (i “graffitari”) provenienti da tutto il mondo hanno riempito di straordinari disegni e messaggi di speranza, di pace, di tolleranza.
È stato qui che Berlino mi ha saputo emozionare. È stato da questo momento che ho cominciato a guardare a Berlino con occhi diversi, come se si fosse finalmente tolta un velo che fino a quel momento mi impediva di vederle il volto, di capirla.
Quel pezzo di muro è un pezzo di storia che è anche mio, è un pezzo di storia che ci appartiene. Su cui riflettere.
Non sono mai stata a Berlino, ma ho sentito opinioni molto contrastanti, c’è chi la ama e chi la odia, non ci sono vie di mezzo….ed è leggendo il tuo racconto che credo di aver capito…Berlino è personale, ognuno deve trovare la propria chiave di lettura, il proprio punto d’accesso alla città, quello che tu hai trovato alla East Side Gallery!
Hai ragione, Berlino è una città molto particolare (Rumiz la chiama “città-cantiere”) e i confronti con altre città non reggono, Berlino è un caso a parte. Le East Side Gallery se ci vai te la consiglio, è emozionante!