Dong Hoi, Vietnam centrale: una città apparentemente poco interessante, pressoché senza attrattive, dove sono in pochi i viaggiatori che decidono di fermarsi per dedicarle un po’ di tempo.
Eppure io decido di fermarmi, anche se solo per poco più di un giorno, per andare a sperimentare un po’ di Vietnam poco turistico e ascoltare gli echi di una guerra ancora percettibili nell’aria.
Quando lo sleeping bus ha accostato e l’autista ha gridato “Dong Hoi – Dong Hoi” fuori era ancora buio pesto e il mio primo pensiero è stato quello di restare sul bus e continuare la corsa fino a Huè. Invece no. Mi sono prefissata di vedere Dong Hoi e così faccio.
L’arrivo era previsto per la sei della mattina e invece mi accorgo che sono solo le 4.30, le strade sono vuote e tutto intorno è silenzio. Mentre mi domando come farò a trovare un posto dove stare a quest’ora della mattina, come per magia da dietro il bus spunta un tizio in moto che per 40.000 dong si offre di accompagnarmi a un hotel (il suo di fiducia, ovviamente), uno dei pochi esistenti in città). Acconsento. In cinque minuti mi trovo alla reception dell’Hotel Nam Long, proprio di fronte al fiume. L’assonnato proprietario mi porta all’ultimo piano, dove c’è il dormitorio: un letto costa 5 dollari a notte. Non potrei chiedere di meglio. Vado a letto e dormo qualche ora. Quando mi sveglio resto accecata dalla luce che entra prepotente dalla grande finestra dell’ultimo piano. Finalmente anche le temperature, man mano mi sto spostando verso sud, stanno salendo.
La posizione della città è splendida e dal terrazzo dell’hotel mi godo Dong Hoi in tutta la sua interezza: di fronte a me il fiume Nhat Le, che poco più avanti si getta nel mare, sulla destra uno dei simboli più famosi di Dong Hoi, una chiesa bombardata, lasciata in rovina, a ricordare la Guerra del Vietnam (che curiosamente ma giustamente i vietnamiti chiamano American War); poco più in là gli aerei militari proprio di fronte al palazzo del governo.
In seguito alla partizione in due del paese dopo i trattati di Ginevra del 1954, Dong Hoi si trovò a passare da città del centro del paese a città di frontiera, poco distante da quella che fu la DMZ, la zona demilitarizzata. La vicina città di Dong Ha, da sempre città sorella, finì per diventare città nemica. Qui corre il 17° parallelo, qui si decise di far passare la frontiera tra il Vietnam del nord e il Vietnam del sud. Per via della delicata posizione sia Dong Hoi sia Dong Ha si trovarono a soffrire più delle altre città del paese durante la guerra (che i vietnamiti, saggiamente, chiamano American War, guerra dell’America, e non guerra del Vietnam).
Scendo tra le strade della città e mi avventuro sul lungofiume, tra calamari stesi al sole, pescatori all’opera e il solito strombazzare dei motorini.. Dong hoi non è una grande città, non ci sono grosse attrattive, ma l’atmosfera è genuina e sa di vita vera. Attraverso il lungo ponte sul fiume che conduce fino a una sottile striscia di terra che porta il nome di My Cahn.
Qui corre una lunga spiaggia bianca che si affaccia sul Mare della Cina Meridionale, palme e qualche resort di lusso, per lo più vuoti. In città pochi turisti, pochissimi. La gente mi nota subito e mi saluta, i bambini si sbracciano per salutarmi e quasi cadono dalle bici; quando mi intrufolo a curiosare in quella che sembra una fiera (dove si vende di tutto un po’) finisco per essere l’attrazione principale.
Per un attimo ho la sensazione di trovarmi nella località meno turistica di tutto il Vietnam e mi viene quasi da domandarmi quale sia il vero motivo che mi ha portato lì. Dong Hoi non ha grosse attrattive. Eppure mi piace. Aver deciso di spezzare il lungo viaggio da Ninh Binh a Huè fermandomi qui è stata una gran bella idea.