Questa è un’epoca di crisi economiche e crisi esistenziali che spesso vanno a braccetto l’una con l’altra: c’è chi si ritrova senza lavoro da un giorno all’altro (e allora c’è da rimboccarsi le maniche e rimettersi in gioco, magari reinventandosi una nuova mansione) e c’è chi si guarda allo specchio e un bel giorno si accorge che la propria insoddisfazione ha toccato il limite ed è ora di cambiare vita.
Questa è un’epoca instabile e complicata, ma non per questo priva di stimoli. Anzi. Se c’è una lezione che abbiamo imparato negli ultimi anni è che il mito del lavoro fisso non dà più appigli (e per certi versi mi viene da dire meno male). Ora dobbiamo osare più coraggio, dobbiamo essere più forti e più responsabili allo stesso tempo.
Certezze non ce ne sono: il risultato non è garantito. Il rischio è quello di trovarsi domani disoccupati e senza un soldo. E allora viene da chiedersi: meglio provare a rincorrere i propri sogni con il rischio di ritrovarsi disoccupati (ma felici), oppure tenersi stretto il posto di lavoro e vivere occupati ma infelici? A voi la scelta.
Disoccupati ma felici?
C’è chi resta senza lavoro..
Oggi giorno può succedere di trovarsi senza lavoro. Con qualche preavviso o di punto in bianco, sbam, licenziati. Ovviamente questo può essere un grosso problema dal punto di vista economico, soprattutto se si hanno figli e una famiglia da mantenere. Vanno fatti i dovuti distinguo: l’accento va messo sulle responsabilità: un conto è un padre di famiglia che si ritrova senza lavoro, un conto un ventenne (o un trentenne o un quarantenne) single. Se non abbiamo grosse responsabilità, se non c’è nessuno che dipende da noi economicamente, se dobbiamo rendere conto solo a noi stessi, non facciamone un dramma. La parola d’ordine è non abbattersi e sapersi reinventare!
Trovarsi disoccupati mette di fronte a problemi economici, ma offre anche grossi vantaggi (l’importante è saper vedere anche gli spetti positivi e non solo quelli negativi) a partire dal tempo. Vi siete mai fermati a pensare quanto sia importante il tempo? Il vero lusso nella vita non sono i soldi o gli agi, il vero lusso è avere del tempo a disposizione, tempo che nella vita di tutti giorni, presi come siamo dagli impegni e dal lavoro, non è mai abbastanza.
Sembra difficile, ma superata l’incazzatura di essere stati licenziati, superato lo scoramento iniziale, dobbiamo vedere quel periodo di riposo forzato come una parentesi sabbatica da dedicare a noi stessi: prendiamoci una pausa. Una pausa per pensare, per fare qualche bilancio, per riflettere su quelle che potrebbero essere le prossime direzioni della nostra vita, per dedicarci alle nostre passioni e ai nostri passatempi (e chissà mai che da lì possa nascere qualche idea).
So che per alcuni può sembrare inaccettabile quello che sto per dire, ma.. perdere il lavoro non è la tragedia peggiore che può capitare nella vita. Vi garantisco che esiste di molto peggio.
Ma come si fa a risolvere il problema economico? Da brave formichine previdenti è buona norma mettersi da parte qualche risparmio, che può tornare utile nelle fasi della vita di difficoltà economica (dobbiamo pensare ai momenti di crisi anche quando tutto va bene). Se non possiamo contare sulle nostre forze, non significa che non ci sia una soluzione (ma non intendo gli strozzini): cerchiamo di non essere troppo orgogliosi, ma appoggiamoci agli altri quando serve (abbiamo un amico che ci può fare un piccolo prestito? una zia che ci può aiutare? Ovviamente il prestito è solo temporaneo, poi restituiremo tutto).
Così può capitare davvero di trovarsi disoccupati ma felici (o quanto meno sereni). Grazie a questa felicità conquistata potremo prendere con maggiore serenità le decisioni sul nostro futuro e affrontare con maggiore fiducia e lucidità gli eventuali ostacoli o imprevisti della nostra nuova vita.
… e chi molla il lavoro apposta
Poi ci sono loro, quelli che decidono di lasciare il proprio lavoro (e io ne so qualcosa). Quello delle persone che “mollano tutto e cambiano vita” sembra ormai diventato un trend, una moda tutta da investigare perché se si parla spesso di chi ce l’ha fatta, quasi mai si sentono le storie di chi è rimasto al verde e senza idea di dove sbattere la testa: tutto vero.
Il risultato non è garantito, ma da brava idealista quale sono, il mio consiglio è quello di provare comunque: tra tentare di cambiare la propria vita e continuare a lamentarsi senza muovere un dito, io preferisco di gran lunga il primo approccio. Se potete, se siete convinti, se non avete nulla da perdere, se niente vi ferma (a parte un po’ di paura, ma quella è normale), se non volete ritrovarmi un giorno con il dubbio del “e se l’avessi fatto?”… fatelo!
La cosa importante è affrontare il cambiamento in modo responsabile: se volete mollare il vostro vecchio lavoro e cambiare vita, preparate un progetto di vita ragionevole, valutate bene i pro e i contro e createvi un piccolo piano B (sconsiglio di mollare tutto senza avere nemmeno una mezza idea di quello che si vuole andare a fare). Se sentite il bisogno di una spinta, se avete bisogno di parlare con qualcuno che può darvi un aiuto concreto per staccarvi dalla vostra vecchia vita e lanciarvi in una nuova avventura, se ve lo potete permettere cercate un aiuto psicologico (un life-couch in questa fase sarà molto prezioso).
Chi molla il proprio lavoro e affronta di petto il cambiamento sarà pervaso fin da subito da una grande euforia e da una ritrovata felicità, che sarà inversamente proporzionale allo stato d’animo di quando si viveva ingabbiati nella situazione lavorativa da cui si è fuggiti. In questo caso il problema non sarà quello di trovare la felicità nella nuova fase di disoccupati, ma di saperla conservare il più a lungo possibile, perché probabilmente il vostro percorso a volte sarà in salita. Bisogna tenere duro ed essere ottimisti: ce la potrete fare se vi ripeterete che per voi nulla è impossibile.
Mollare il proprio lavoro per crearsi una nuova vita non è una passeggiata: dopo l’euforia iniziale e il traboccante ottimismo mettete in conto una bella dose di incertezza fatta di momenti di dubbio esistenziale (Ce la farò? Poi cosa faccio se le cose vanno male? Avrò fatto la scelta giusta? Perché non vedo i risultati?), scivolate all’indietro, smarrimenti e momenti in cui vi sentirete persi. L’importante è non perdere mai la bussola, cioè non perdere mai di vista il nostro progetto iniziale e non lasciare mai che la passione che lo alimenta (e che vi muove) si possa spegnere.. perché, a volte i sogni si realizzano. Vietato dire non ce la faccio!
Infelice ma con il lavoro fisso
Sia chiaro, cambiare vita non deve essere un obbligo. Anche se si sentono spesso le storie di persone che hanno mollato tutto per intraprendere una nuova vita, non significa che tutti debbano farlo per forza. Anche perché ci sono tante persone che sono felici e appagate del proprio lavoro e della loro vita (il che è una grande fortuna). Se il vostro lavoro vi piace, vi sentite soddisfatti e felici, continuate su questa strada.
Se di tanto in tanto si fa sentire un po’ di insoddisfazione o insofferenza per quello che fate, beh, è normale. A tutti capitano le giornate no, i periodi in cui si vede tutto grigio e l’ufficio va stretto. Ma può essere una cosa passeggera. Se invece il vostro stato d’animo degenera e se la fase no da transitoria diventa cronica, beh, vuol dire che la faccenda si sta facendo seria.
Monitorate il vostro stato d’animo, cercate di controllare quanto il vostro lavoro incida in modo negativo sul vostro umore e sulla vostra salute psico-fisica. Se l’insoddisfazione lavorativa degenera in non voglia di vivere, stress pesante o cominciate ad accusare sintomi fisici, forse è il caso vi fermiate un attimo e vi facciate qualche domanda: è giusto che il lavoro vi faccia diventare uno zombie? C’è una soluzione per farvi stare meglio e per non incidere ulteriormente sulla vostra salute già compromessa? Non dovete lasciare che il lavoro vi faccia male.
Cercate una soluzione: può essere una nuova mansione, un nuovo orario, lo spostamento in un nuovo reparto, un trasferimento all’estero (ci avete mai pensato? Perché no?!), oppure un nuovo lavoro, da un’altra parte (in un’altra azienda, in un’altra città, in un altro paese). Avete il diritto (e il dovere) di cambiare la vostra vita se volete.
Lo so, sono un’idealista, ne sono ben cosciente. Io ascolto sempre il cuore, seguo le mie ispirazioni e sono solita ragionare per lo più con l’emisfero destro del cervello (quello dell’irrazionalità). Al lavoro fisso connotato in termini di infelicità io preferisco un lavoro instabile, non sicuro, che non offre garanzie ma che regala soddisfazioni più grandi.
io sono una di quelle pochissime persone così fortunate da essere occupate e felici 😀 ho un lavoro che amo, che gestisco in modo totalmente indipendente e che mi lascia molto tempo libero per viaggiare e seguire altre strade. So di essere un’eccezione, specialmente in Italia…. magari puoi fare un nuovo post sulla mia categoria degli occupati e felici! 😀
Ciao Claudia! La categoria esiste, eccome! Infatti, tra disoccupati felici e occupati infelici ci sono anche gli occupati e felici.. ed è gran bella fortuna!
Io ho un solo sogno battente nella testa, vivere della propria arte. Al momento per intascare dei dindini sto insegnando educazione musicale nella scuola pubblica ma nello stesso tempo continuo a coltivare la mia musica e fotografia.
Sognare fa bene, è essenziale, realizzarli e realizzarsi veramente rende la propria vita unica e completa 🙂
Bravo Claudio, è lo stesso approccio che ho io! I sogni sono troppo importanti, è un peccato lasciarli chiusi in un cassetto.
In bocca al lupo per il tuo sogno!
Francamente ad oggi non considero un lavoro di serie A o B rispetto al percorso di studi o ai sogni. Ritengo utile fare una distinzione tra causa ed effetto, ossia, meglio disoccupato piuttosto di un lavoro che
1) mi offre dei costi e non dei guadagni
2) ha un bacino di utenza nullo rispetto ad una futura collocazione sul mercato .. es. stare in ufficio a 7/800 euro al mese a leggere il giornale è più una rimessa che un guadagno. Cioè mettiamo scade il contratto a 6 mesi .. inserisci in cv un esperienza del genere, cosa gli vai a dire al futuro datore di lavoro che in teoria dovrà pagarti uno stipendio?
Beh sì, si devono considerare anche i costi e gli aspetti specifici.. l’obbiettivo finale resta quello di riuscire a fare quello che ci piace di più
Ciao Claudia, innanzitutto complimenti per il tuo blog e per il bel punto di vista, coraggioso! Noi abbiamo già la fortuna di fare un lavoro che ci rende felici, il che non è poco nella vita. Tuttavia ora stiamo cercando nuove opportunità. Ora stiamo lavorando su un blog che ci ha permesso di unire le nostre più grandi passioni: fotografare e viaggiare. In pratica parliamo di viaggi, ma dal punto di vista strettamente fotografico. Te lo segnalo sperando di fare cosa gradita. http://www.ishoottravels.com
Complimenti ancora!!!
Ciao, grazie, sono contenta vi piaccia il mio blog! 🙂
Complimenti a voi per il vostro progetto, vado subito a sbirciare!
Penso sia un argomento piuttosto complesso da trattare e spero che la blogger non s’offenda se scrivo un post che a momenti è più lungo del suo articolo!
Da una parte c’è da dire che, qualsiasi lavoro si faccia, sarà sempre un lavoro: difficilmente esiste un’attività che ci piaccia così tanto da volerla fare spontaneamente per minimo 40 ore settimanali svegliandosi la mattina presto e stando prigionieri in un posto in un determinato orario. Non credo di esagerare: se sei detenuto in carcere, c’è il Sole e vorresti andare al mare puoi farlo? No. Se sei al lavoro in fin dei conti provi la stessa sensazione…
A pensarci, così come a 7 anni odiavo la scuola e ogni giorno non vedevo l’ora che finisse, adesso non vedo l’ora di uscire dal lavoro.
Dall’altra parte c’è da dire che a tutti noi piace per esempio accedere ad internet, magari con uno dei fantastici smartphone ormai disponibili da anni sul mercato, prenotare il ristorate e andarci in auto. E dietro ad internet non ci sono persone che fanno manutenzione alle linee eccetera? Lo smartphone non è forse il frutto di una frenetica competizione tecnologica? L’auto con cui andiamo al ristorante non è forse stata prodotta da progettisti, operai e altre figure professionali di cui magari ignoriamo l’esistenza e che fanno gli straordinari?
Da questo punto di vista, si direbbe che noi tutti abbiamo il dovere di lavorare, che ci piaccia o no, per contribuire alla società, un po’ come dice la Costituzione: l’Italia si fonda sul lavoro.
Onestamente, ho un lavoro che mi fa schifo e che mi ha tolto la voglia di vivere: non riesco più a praticare i miei hobby con costanza e grinta e lo stesso vale per nuovi hobby che cerco di iniziare. Sono sempre stanco, frustrato e svogliato.
Ho conosciuto la disoccupazione prolungata e, almeno qui che scrivo nell’anonimato senza i soliti “rompi” che mi potrebbero dire di vergognarmi, sinceramente quando ero disoccupato stavo meglio.
Ebbene sì.
Non ricordo di aver mai letto o sentito altri affermare ciò, ma non me ne vergogno.
Sono abbastanza giovane, non ho figli da mantenere e mamma e papà un letto e un piatto di pasta me lo danno sempre; da disoccupato mi sentivo inutile e irrealizzato, ma sempre meglio di adesso.
Ma allora perché non mollo il mio lavoro e non cerco altro? Perché non ho né il coraggio, né la forza. Non ho la forza di affrontare la gente che mi darebbe del pigrone, di subire odiosi colloqui in cui leggono il mio CV come fosse la scheda tecnica di un televisore che può avere o non avere certe caratteristiche, non voglio tornare ad essere assunto in prova col terrore di fare anche piccoli sbagli perché mi stanno valutando.
Ciao anonimo, figurati, non mi offendo se hai scritto un commento lunghissimo 😀
Come immagino tu abbia compreso, questo mio articolo voleva essere una provocazione e uno spunto di riflessione sul lavorare ed essere felici, ovvero su quanto non sia scontato che le due cose coincidano.
Ecco, la tua frase “ho un lavoro che mi fa schifo e che mi ha tolto la voglia di vivere” mi dà da pensare, perché ciò che ripeto sempre è che quando succede che il lavoro toglie la nostra voglia di vivere o ci fa stare davvero male dobbiamo fare qualcosa per cambiare le cose (valutando tutti i pro e i contro ovviamente). Spero che tu possa trovare presto il coraggio e la forza per provare a cambiare qualcosina e potere stare meglio. in bocca al lupo!
PS: si può dire quello che si vuole anche uscendo dall’anonimato 😀
Ciao anonimo
Leggo parecchi punti in cui mi ritrovo…ah io sono un classe 1981 e quindi puoi già immaginare, con le ultime mode, quanto valore abbia il mio cv sul mercato.
Detto ciò mi riferisco a punti in comune
Lavoro che schifo..tolto la voglia di vivere
Disoccupazione prolungata
Non ho figli ma vivo con i miei genitori
Perché non mollo il mio ???
A me è successo qualcosa di simile, stanco di non riuscire a cavare il ragno dal buco decisi di rifugiarmi nella metalmeccanica (vecchia mansione storica) pensando (porto a casa lo stipendio=non ho problemi)…. ma mi sbagliavo …. eccome se mi sbagliavo.
Ho dovuto affrontare problemi di salute causati da quel lavoro, frustrazione causati da colleghi e datore oltre ogni limite di tortura psicologica, tanto che i miei Week end si erano iniziati a riempire di whisky e vodka…..nonostante ciò continuavo a stare li apatico …. senza far nulla.
Poi caso vuole che arrivo alle porte della scadenza contrattuale e inizio a cercare altro MA proprio altro. Beh ti dirò ieri ero in casa a programmare il giro di sviluppo vendite su Excel e il fatto di lavorare il 1 maggio non mi pesava. A volte serve una pausa di riflessione per ricaricare le batterie.
Ciao Alessandro, il fatto che ieri hai lavorato nonostante fosse il 1° maggio e la cosa non ti sia pesata (anche io ieri ho lavorato), mi lascia intuire che quindi ora stai decisamente molto meglio nella tua situazione lavorativa attuale. Come dici tu a volte serve una bella pausa di riflessione… per ricaricare le pile e trovare le forse per trovare altro! bravo!
Caro anonimo sembra di rivedere me solo 8 mesi fa…avevo un.lavoro a tempo indeterminato, odiavo.non il.lavoro ma le persone cioè i titolari di questa officina meccanica per cui lavoravo…ogni giorno ero in prigione stavo li facevo il mio lavoro anche egregiamente, ma non vedevo l’ora di tornare a casa…questo per un po’ mi dava sollievo cioè il.fatto che prima o poi sarei dovuta tornare a casa in pace senza persone che mi dicevano quello che dovevo fare…era giusto, lavoro da quando avevo 18 anni sono abituata a soccombere per necessità…no caro amico perché sono arrivata al limite ei sono licenziati ben 8 mesi fa…sì il mio istinto diceva che era la cosa giusta per me tanto folle quanto giusta….ora sto cercando di realiZzare un progetto imprenditoriale ogni giorno mi vedo come quella fuori dal mondo che sta bene nonostante tutto…ma ti dico una cosa…a parte le paure di non essere all’altezza di programmare da sola la mia vita con un nuovo lavoro, sto benIssimo…mai stata così bene in 36 anni di vita…fidati di te…buona vita
Grazie per il tuo commento Jo! Capisco benissimo cosa intendi
Ciao.Grazie per questo bel post. Cercavo su internet consigli su mollo non mollo il lavoro. Vi vorrei raccontare la mia storia.
Io avevo un lavoro stabile come impiegata contabile in studio commercialista che lasciai all’età di 22 anni per inseguire il sogno di laurearmi. Mi trovai un lavoro part time come segretaria nella città dell’Università. Riuscivo inizialmente a lavorare e frequentare e dare gli esami. Nonostante problemi ad arrivare a fine mese e tanti sacrifici, ero cmq contenta. L’azienda fece fallimento e siccome lavoravo li da soli 6 mesi, mi ritrovai senza lavoro, senza disoccupazione, con affitto da pagare e libri da comprare, se non rate dell’università da pagare. Feci un incidente con la macchina che persi, quindi rimasi pure a piedi senza un soldo e senza piu risparmi. Iniziai una relazione non molto sana che fini dopo qualche mese. Non ebbi mai il coraggio di chiedere aiuto per ben due anni, cominciai a fare la donna delle pulizie in un’azienda, non vi dico le segretarie come mi guardavano e come mi sentivo essendo io abituata ad essere l’impiegata. Ma mi insegno’ a rispettare le persone e il loro lavoro. Putroppo dopo 3 mesi fisicamente non riuscivo più a fare quel lavoro, ormai ero piena di debiti e finalmente ebbi il coraggio di partire dall’Italia chiedendo aiuto e ospitabilità a un parente per cominciare. Rinunciai al sogno di laurearmi, mollai tutto.
Riuscii a trovare subito lavoro che mi piaceva molto, da semplice impiegata diventai responsabile amministrativa e commerciale in una piccola azienda che stava crescendo grazie a me. Ora sono 6 anni che lavoro con loro, ho assunto molto personale, insegnato il lavoro e comincio io a non sapere cosa fare se non il controllore. Comincia ad esserci una crisi nel nostro settore e l’azienda non é più stabile. Sono stanca di inventare soluzioni e novità. Insomma adesso vorrei cambiare, mollare e partire di nuovo. Ma mi terrorizza ritrovarmi poi nella situazione di partenza. Devo pero dire che ho risparmiato molto e gestisco i soldi diversamente, grazie anche all’età. Non ho responsabilità o figli a carico. Chi al posto mio mollerebbe tutto, ancora e ricomincerebbe da capo?
Ciao Lou e benvenuta nel mio blog!
Grazie per avermi raccontato la tua storia.. di storie di persone che cambiano vita ne ho lette e sentite moltissime, anche molto diverse tra loro e non finirò mai di appassionarmi alla storia di queste persone. la vita è fatta di cambiamenti e, mi viene da dire, se ce l’hai fatta quando eri giovane, inesperta e con pochi soldi da parte, perché non dovresti farcela ora? Non c’è un’età massima o minima in cui cambiare vita… se senti che è ora di cambiare (di nuovo!) vai e cambia! In bocca al lupo!
A me sta succedendo proprio questo….l’infelicità è diventata cronica, con effetti sulla salute oltre che sull’umore. Ho valutato tutti gli aspetti e sebbene sia difficile lasciare un temo indeterminato con un buon stipendio (che in realtà viste le scelte aziendali che vedo fare e altre cose, non mi sento di dire che è veramente sicuro…domani potrebbero venderci e io in realtà sento di non saper fare niente e vorrei imparare qualcosa, anche semplicemente qualcosa di manuale da poter sfruttare) io mi sento pronta ed euforica. Terrorizzata anche. Ma so che finché resto lì nulla di bello potrà mai accadere, nel frattempo perdo tempo che sono ancora abbastanza giovane (under 40) e ho due figli piccoli che voglio godermi. Sono dilemmi seri….in fondo se va male, mi troverò qualcosa anche di molto umile, con orari impossibili, almeno per un po’, almeno per poter mangiare no? Se continuo a pensare non troverò mai un lavoro così, mi chiudo ogni strada da sola. Ho tanti sogni nel cassetto ma ho anche tanta umiltà, davvero per me non importa lavorare in un grosso nome , mi basterebbe poter avere di che vivere degnamente, lavare i piatti, fare caffè, ma in un posto dove mi sento un essere umano, non dico una famiglia, ma persone che ti rispettano e per cui esisti come persona e non come costo, o come manovalanza e basta. Sono stanca delle logiche aziendali, profitto e solo profitto, sacrifici , tu e il tuo tempo e i tuoi affetti non contano, e ormai non sopporto nemmeno la terminologia, gli odori, i rumori di quel luogo. ormai sono 12 anni, se non tento ora che i figli li ho già fatti, che non sono ancora troppo anziana…quando?
Carissima, capisco perfettamente il tuo stato d’animo, credimi davvero tutto (tranne il fatto di aver due figli, che io non ho, il resto coincide esattamente con la mia storia). Dopo 9 anni bistratta e umiliata in un ufficio che mi stava sempre più stretto, con un malessere sempre crescente ho detto basta. Mi riconosco nei tuoi stati d’animo: da un lato elettrizzata, dall’altro terrorizzata. La paura è normalissima e fisiologica, la parte elettrizzante è quella a cui devi dare più ascolto… è quella la molla che ti aiuterà a trovare un modo per reinventarti, per coltivare le tue passioni, per farti sentire “nel posto giusto” a prescindere da quello che deciderai di fare. Ascoltala bene quella voce e vedrai che farai la scelta giusta. In bocca al lupo!
Da leggere così mi pare una classica crisi professionale in cui si è perso l’orientamento oppure sei stanca di qualcosa, questa cosa potrebbe essere una situazione professionale attuale o passata. Detto ciò, visto che ci sono passato anche io, l’unica medicina è il tempo unito all’auto-ascolto perché le soluzioni sono sempre nascoste dentro di noi e non fuori come tanti vogliono farci credere. Quindi in questo momento misto tra apatia e smarrimento, l’unica cosa è mettersi un attimo alla finestra e valutare attentamente i propri valori. Per quanto riguarda il piegarsi ai lavoretti santuari o svogliati dico che è meglio evitare. Al momento porti a casa lo stipendio in orari decenti in un unico lavoro? Bene tieni quello. Vuoi cambiare ? Fatti un piccolo business plan personale con i pro e i contro poi decidi. Ma decidi per qualcosa che di la svolta decisiva, netta , marcata insomma non i soliti ripieghi, altrimenti resta così che risparmi tempo ed energie.
Penso che Alessandro abbia ragione: se devi affrontare un cambiamento (un cambiamento importante) fai in modo che sia studiato bene… più che pensare a lavoretti saltuari meglio delineare un piano B chiaro e non campato in aria perché sia davvero una “svolta decisiva”.
Non è il lavoro a stancare, ma le persone. Quando si trovano validi capi e collaboratori e colleghi, nessun lavoro è pesante.
Beh, non tutti i lavori sono uguali, non possiamo essere fatti per qualsiasi tipo di lavoro… ma in effetti la “componente umana” è fondamentale, hai ragione!
E perché non cercare di non lavorare? Quando si cambierà prospettiva?
Mmh, in che senso?