Da secoli, se non da millenni, la separazione fra il mondo cosiddetto occidentale e la Cina non è stata solo geografica ma soprattutto culturale, e fino a pochi decenni fa la distanza fra i due mondi sembrava incolmabile.
Ora, grazie principalmente all’apertura commerciale della Cina nei confronti dei paesi di cultura occidentale, l’interesse verso il paese del dragone è cresciuto a dismisura e ne ha fatto meta turistica e preferenziale di vacanze anche di lunga permanenza.
Le Olimpiadi del 2008 si tennero a Pechino e offrirono alla capitale l’occasione di mettersi in mostra davanti agli ospiti. Imperdibile la visita alla Città Proibita, palazzo imperiale delle dinastie Ming e Qing, dichiarata patrimonio dell’umanità nel 1987 dall’UNESCO, oltre alla maestosa piazza Tienanmen, il Tempio del Cielo, o le tombe della dinastia Ming, capolavoro dell’archeologia cinese, anch’esse patrimonio mondiale dell’Unesco dal 2003. Fuori Pechino, il più famoso monumento architettonico cinese, la Grande Muraglia, anch’essa patrimonio mondiale dell’umanità Unesco dal 1987 e ritenuta tra le principali “meraviglie del mondo”.
Ma Pechino non è solo meta di turismo “classico”: in un contesto di turismo culturale, infatti, negli ultimi anni si sta ponendo come interlocutore anche e specificamente per gli scambi di studio e tirocinio professionale, in cui sono coinvolte istituzioni pubbliche e private che offrono opportunità per molti. Tra queste, vi sono i corsi di calligrafia cinese. L’interesse per questa particolarissima tradizione sta portando alla crescente organizzazione e offerta di opportunità di studio della calligrafia cinese rivolta a stranieri, con la nascita di scuole in Italia e in Cina. Una di queste è l’Istituto Confucio, che collabora con diverse università italiane.
La differenza principale fra la scrittura occidentale e quella cinese è che la prima è una scrittura fonetica – la creazione di parole nate dalla combinazione di un numero limitato di simboli (lettere) – e la seconda invece è una scrittura ideogrammatica – ad ogni simbolo, molto più complesso dal punto di vista grafico, è attribuito un concetto. Inutile dire che il vocabolario completo della lingua cinese è composto da più di 35.000 simboli, il che ne fa una delle scritture più complesse del pianeta.
L’arte della calligrafia cinese o shūfǎ, letteralmente “l’arte della scrittura”, vede le sue radici perdersi nella notte dei tempi, ed è la più importante delle arti figurative cinesi. Da sempre legata al mondo degli intellettuali, questa disciplina era considerata necessaria per lo sviluppo delle facoltà fisiche e intellettive dell’individuo, forniva una serie di chiavi per avere il controllo delle energie vitali e delle emozioni, manteneva in salute ed era fautrice di longevità innaturale. Per praticare l’arte della shūfǎ, era necessario saper padroneggiare i cosiddetti “quattro tesori dello studio”: il pennello – che poteva essere composto di peli di capra (Yang Hao), di lupo (Lang Hao) o di un mix di tutti e due (Jiang Hao) – la carta di riso (Zhi Xuan), il bastoncino d’inchiostro – tradizionalmente composto di fumo nero, colla e una miscela di sostanze vegetali – e l’immancabile calamaio. Ci sono 5 tipi di calligrafia: zhuan, scrivani, caoshu, corrente e corsiva, e il calligrafo deve padroneggiare tutti e cinque i tipi di scrittura prima di potersi definire tale.
I caratteri simbolici della calligrafia cinese rimandano alla natura di tutta la sua cultura. I simboli e la simbologia impregnano la cultura cinese, si manifestano ed esprimono in molti aspetti e attività della vita quotidiana.
Il fascino esercitato dalla cultura orientale ha portato alla nascita di associazioni di studio e diffusione, e molte delle sue attività o conoscenze sono entrate a far parte anche della nostra realtà occidentale: magari non pratichiamo il Gong fu cha (il rito del tè) ma studiamo o pratichiamo il Tai Chi o il Feng Shui, conosciamo I Ching e leggiamo l’oroscopo cinese, oppure giochiamo al Mahjong o al Mandarine Fortune, giochi in cui sono stati adottati i simboli cinesi.