Può capitare: vivi la tua vita sereno, coltivi i sogni, le speranze e le aspettative che hai sempre avuto, le realizzi, ma a un certo punto ciò non ti basta, senti che devi fare altro. Ti sei lasciato schiacciare dalla routine, dal si fa così perché lo fan tutti, da quello che ti viene imposto dalla società, dai tuoi genitori, da chi ti sta intorno e con il suo giudizio ti condiziona.
A un certo punto senti che devi cambiare vita: cambiare lavoro, cambiare paese di residenza, … insomma, dare un taglio alla tua vecchia esistenza, darti una nuova dimensione. E se questo prevedesse anche un bel “cerco di lavorare meno”, sarebbe un peccato? O è lecito?
Io sono nata e cresciuta in una terra – il profondo nord d’Italia – che amo e che non ho mai voluto abbandonare, ma che mi ha sempre fatto sentire un po’ aliena almeno per quanto riguarda la mentalità (proprio per questo ripeto spesso che sono nata a Bergamo ma mi sono sempre sentita una cittadina del mondo).
Dalle mie parti si dice: “È una brava persona: è un gran lavoratore“.
Quante volte ho sentito questa frase? Ho sentito questa frase tante, tantissime volte, non ho mai apertamente dissentito (sarebbe stato un sacrilegio), ma non ho mai potuto sopportarla. Hanno davvero ragione loro a dire che il lavoro viene prima di ogni cosa?
Il lavoro prima di tutto (?)
Che il lavoro sia una cosa importante, fondamentale, vitale sono pienamente d’accordo. Io stessa ho puntato tutto su questo e ho fatto in modo di far diventare il sogno della mia vita – la passione per la scrittura e la mia libertà – il mio lavoro. Ho lottato, combattuto, attraversato avversità e scoraggiamenti vari per arrivarci, ma ci ho creduto fino in fondo, e grazie al cielo ce l’ho fatta (che dire, forse ce l’ho fatta proprio perché sono figlia di questa cultura, o forse no?)
Ho sperimentato sulla mia pelle che cambiare vita per fare una professione che rispecchi le nostre passioni, i nostri sogni e le nostre capacità innate è qualcosa di molto appagante, che ci fa sentire realizzati, sereni, completi, e che il suo contrario – il fatto di vivere una situazione lavorativa spiacevole – si può rivelare una tagliola che ci toglie speranza ed energia vitale, una spirale nera che ci avviluppa e ci porta a picco.
[Tweet “”Scegli un lavoro che ami, e non dovrai lavorare nemmeno un giorno della tua vita” (Confucio)”]
Avere un lavoro che ci appaga e ci rende felici è una grande fortuna (non per tutti è così, anzi): quando ti senti realizzato allora ti senti più sicuro di te, più stabile, più vitale, e questo genera a sua volta altra positività e altro benessere. Sì ok, ma il lavoro non è tutto.
In un mondo ideale, potendo scegliere, non sarebbe forse meglio fare sì un lavoro che ci piace, ma che ci regali anche qualche ora in più di libertà?
Cambiare vita: meno non è sinonimo di pigrizia
Nei giorni scorsi mi ha scritto A., un ragazzo che vive nel Regno Unito, dove sta svolgendo una specializzazione per un lavoro importante. A. scrive: “la specializzazione mi ruba dalle 60 alle 85 ore a settimana. Se oso dire che sono stanco o stressato, divento automaticamente il “lazy bastard”. Non ho tempo per la mia famiglia, per le amicizie, per le relazioni. Il lavoro che faccio è stupendo, forse il più bello al mondo, ma oramai è diventato solo business e non più cuore. Che faccio?”
Il dilemma di A. è chiaro, chiarissimo, la riflessione è importante e solleva una questione a cui ho pensato spesso anche io: è possibile cambiare vita, voler fare una professione che ci gratifichi lavorando di meno? È un’utopia? È da ottimisti creduloni?
Se penso al cambiare vita per lavorare meno mi viene in mente subito Timothy Ferris e il suo famoso 4 ore alla settimana (Ricchi e felici lavorando 10 volte di meno), uno dei libri che ho letto nella fase in cui stavo mettendo insieme la mia nuova vita. Sono ancora ben lontana dal raggiungere l’obbiettivo (4 ore a settimana sono veramente poche eh!), eppure quel libro mi ha fatto riflettere molto, è stato un utile pungolo.
Oggi, a distanza di quattro anni da allora, posso prendermi delle mezze giornate libere, posso fare qualche giorno via senza aspettare di aver accumulato i permessi sufficienti, e tendenzialmente sì, lavoro meno di 40 ore a settimana (è già qualcosa!).
All’inizio non è stato facile e, anzi, a volte succede ancora di sentirmi in colpa perché ho preso una pausa dal PC per andare a fare una passeggiata o per fare un pranzo fuori con un’amica quando invece avrei da lavorare: è il senso del dovere che chiama, il senso del sacrificio che prende il sopravvento sul “senso del sapersi godere le giornate” e che mi chiama, quello stesso senso che mi è stato inculcato in testa dalla nostra cultura.
Sì, perché il lavoro è sacrificio, il lavoro è darsi da fare, SEMPRE, portandosi avanti e pensando al futuro, da brave formichine, sempre intente a sgobbare. E se non fosse necessariamente così?
Con il tempo ho fatto pace con me stessa e ho finito per convincermi che lavorare meno non solo è lecito, ma che deve essere un obbiettivo da perseguire tutti i giorni. Perché riappropriarsi di una dimensione più umana e libera, di ritmi lenti, fatti anche solo di una pausa di un’ora per fare una passeggiata quando si vuole o per dedicarci a quello che ci piace di più, fa la differenza.
Io amo il mio lavoro, mi piace dedicarmici, ne vado fiera; ma allo stesso tempo riconosco che la mia vita non è fatta solo della mia professione. Io non sono quello che faccio di professione: io sono anche altro, perché io faccio anche altro.
[Tweet “Io non sono quello che faccio di professione: io sono anche altro”]
A. ha proprio ragione quando scrive “Sento il bisogno di essere padrone della mia vita al 100%”. Forse è proprio questa la cosa più importante: essere noi a guidare, controllare e decidere le nostre giornate e il nostro lavoro e non viceversa. Perché la cosa più importante che abbiamo è il tempo. Nient’altro.
E se sentiamo che siamo diventati schiavi di qualche logica o di qualche meccanismo che non ci appartiene e che ci opprime, abbiamo il diritto, e il dovere, di domandarci dove stiamo andando e cosa vogliamo fare della nostra vita, anche sterzando e cambiando direzione all’improvviso, anche vanificando il percorso fatto fino a quel punto.
Cambiare vita è lecito. A volte è anche necessario.
Perfettamente d’accordo Claudia, qui, dalle mie parti venete, se lavori poco sei uno smidollato. Testa bassa e lavorare. Molti paesi che ho visitato hanno la capacità di contemplare la vita, senza inseguire le mode, gli stilisti di turno, la massa che belando, segue.
Un bel articolo, Claudia, come al solito hai centrato un altro bersaglio. Spero che tu possa essere ancora di più un esempio, una guida per chi si sente imprigionato in ritmi che non riconosce come suoi.
Un abbraccio alla mia travel blogger preferita.
Troppo buono come sempre! Chissà che un po’ alla volta possiamo imparare anche noi che non si vive di solo lavoro!
Sottoscrivo in pieno!
Purtroppo viviamo in una cultura ancora fortemente legata a questa malsana idea del lavorare il più possibile spesso a scapito della nostra salute (fisica ma soprattutto mentale).
Quando ho visto un’ex collega vantarsi di essere ancora in ufficio a lavorare il venerdì sera, mentre io me ne stavo comoda sul divano di casa, ho capito l’assurdità di questa mentalità.
Il nostro tempo è troppo prezioso per sprecarlo a consumarci.
Fortunatamente sono sempre di più le persone come te che prendono in mano le redini della propria vita e ci guadagnano non solo in tempo libero, ma anche e soprattutto in salute e serenità! 😀
Cara Marta, eccoti puntuale come sempre a commentare i miei post strampalati..! 😀 grazie come sempre, sei fedelissima!
Come dici tu, la nostra cultura è ancora molto influenzata da questa idea malsana del “lavoro prima di tutto”..ma secondo me un pochino le cose stanno cambiando… sono in tanti a sentire la necessità di migliorare la propria qualità della vita..
grazie per il tuo commento, un abbraccio!
Quelli che tu chiami post strampalati, io chiamo post fighissimi! 😉
È vero, le cose stanno lentamente cambiando in meglio, per fortuna!
Grazie cara! 😀
Sono rientrato da 15 giorni, dopo un mese in Vietnam, e mi sembra che siano passati mesi, anni. Bisogna ricordarsi che il tempo libero è impagabile.
Meglio fare delle rinunce nel lavoro (straordinari, progetti, carriera) ma non privarsi del proprio tempo libero.
Ciao Andrea e ben tornato!
Inutile dire che la penso esattamente come te 🙂 spesso lo si sottovaluta, ma alla fine il tempo è la cosa più importante che abbiamo