L’anno scorso, a quest’ora, aveva ormai del tutto preso forma il mio viaggio in India, il mio primo viaggio in India. Tre settimane intense e piene di luoghi da vedere, che mi hanno portato in Kerala.
Perché ho scelto il Kerala per il mio primo viaggio in India? Ve lo racconto qui e vi racconto anche perché ci tornerei altre cento volte.
La mia prima volta in India
Prima del 2019 non ero mai stata in India. “Tu che sei amante dell’Asia non sei mai stata in India?”. L’osservazione era sensata: come era possibile che io, da sempre legata all’Asia, non avessi mai messo piede in uno dei suoi paesi più rappresentativi, l’India?
Avevo pensato all’India tante volte, ma non mi ero mai sentita “chiamata” dal subcontinente indiano (sì, perché io mi devo sentire chiamata da un luogo, sono fatta così). Sapevo che prima o poi ci sarei andata, anche se non sapevo quando. Sapevo però che ci sarebbe stato un luogo in particolare da cui avrei iniziato l’esplorazione dell’India: quel posto sarebbe stato il Kerala, uno degli stati più meridionali, affacciato sul Mar d’Arabia.
Così è stato: quando l’anno scorso ho deciso che era ora di conoscere di persona l’India, ho voluto partire proprio da lì. E sono stata molto felice della mia scelta.
Il mio viaggio in Kerala, in breve
Atterrati a Mumbai, siamo volati a sud, verso la capitale del Kerala: Thiruvananthapuram. Da lì in treno (che meraviglia i treni indiani, ne dovrò parlare in un prossimo post) siamo andati a Varkala, sul mare, e quindi a Munroe Island, un villaggio sperduto tra le palme e i corsi d’acqua nel cuore delle mitiche backwaters da cui siamo risaliti trascorrendo qualche giorno in barca fino ad Alleppey.
Quindi è stata la volta di Munnar, per immergerci nelle piantagioni del tè (dove si può fare anche dell’ottimo trekking) e Cochi, antica città coloniale, di nuovo sulla costa.
Fin qui niente di strano: abbiamo fatto tappa nei luoghi più iconici del Kerala. A questo punto abbiamo però inserito qualche diversivo: ci siamo concessi tre giorni nell’arcipelago delle isole Laccadive, su un’isola in cui non c’era nulla a parte il nostro spartano resort. Causa lavori all’aeroporto di Cochi, al rientro siamo stati dirottati su Kozhikode, da cui siamo scappati (non c’è praticamente nulla che giustifichi una sosta in città) per andare a Kannur, un luogo molto hippie-style a nord del Kerala, dove abbiamo concluso il nostro viaggio rilassandoci in spiaggia prima di rientrare a Mumbai.
(Se vuoi conoscere il nostro itinerario di viaggio completo leggi qui).
Perché iniziare dal Kerala?
Scegliere di far coincidere il mio primo viaggio in India con il Kerala è stata davvero un’ottima idea. Per tanti motivi. Mi avevano messo in guardia dicendo che la prima volta in India poteva essere un’esperienza “forte” per le scene di povertà, per il traffico, etc. In Kerala non ho trovato nulla di tutto questo. (Poi va beh, dipende sempre da ciò a cui siete abituati: io di paesi “ruspanti” ne ho avevo visti già parecchi, quindi sono già abituata a scene forti.)
Il Kerala non è uno stato ricco, tutt’altro, eppure è lo stato indiano con il più alto tasso di alfabetizzazione ed è molto pacifico. Nei villaggi, anche i più sperduti, ho sempre respirato un’atmosfera armoniosa e tranquilla, con persone sempre rilassate (sarà il caldo del sud 😉 ) e ben disposte.
La cosa bellissima è che in Kerala convivono tre religioni: l’induismo (più del 50% della popolazione), l’islam (25%) e il cristianesimo (19%). Nei villaggi è capitato di sentire il richiamo del muezzin, vedere una chiesa cattolica e un tempio indù nel raggio di pochi metri, che convivono beatamente, con rispetto e tolleranza (non è bellissimo?).
In Kerala c’è un clima tropicale, proprio come piace a me. A fine dicembre è caldo e umido, ma ben sopportabile. Meglio evitare invece i mesi estivi, da giugno fino ai primi di settembre, quando la zona è interessata dai monsoni.
La vegetazione sulla costa è quella tipica tropicale: la prima immagine che associo al Kerala è la distesa infinita di palme da cocco che ho visto dal finestrino appena prima di atterrare a Thiruvananthapuram. Uno spettacolo magnifico che mi ha lasciato subito intuire che ero nel posto giusto per me. Andando invece verso l’interno, verso la catena montuosa dei Ghati, la vegetazione cambia: le palme cedono il posto ai boschi e alle piantagioni, di tè e di spezie.
Sarà il clima, sarà l’atmosfera rilassata e tollerante, ma il Kerala a me ha ricordato molto il mio amato Sud-est asiatico, con in più un tocco di Oman: il Kerala ha infatti un passato di fitti commerci e scambi con la penisola arabica. La terra arabica ha lasciato una forte impronta anche sulla popolazione e sulla cultura.
Spostarsi all’interno del Kerala è facile: praticamente tutti parlano inglese e la rete di trasporti è ben sviluppata. Il treno raggiunge tutte le principali località della costa e dell’immediato entroterra, è economicissimo ed è un modo splendido per mischiarsi con i locali. In alternativa ci sono i bus, locali o a lunga percorrenza, con cui è davvero facile organizzare gli spostamenti. (Avevo letto di molte persone che per viaggiare in Kerala si erano affidate a un driver, prenotato dall’Italia prima di partire: direi che non è proprio necessario, anzi, è proprio inutile).
Niente, a questo punto, mi è venuto il magone ripensando al mio viaggio in Kerala e mi è venuta una gran voglia di tornarci, e dedicarmi (speriamo presto) all’esplorazione di un altro angolo di India. Mi ha assalito una dolce nostalgia: mi sembra quasi di sentire al naso il profumo delle spezie e il caldo appiccicaticcio di quelle belle giornate nelle backwaters.
Ora devo solo pensare alla mia prossima meta indiana. Se avete consigli vi ascolto!
L’India, a meno di odiarla al primo impatto, induce presto questa esaltazione: fa sentire ognuno parte del creato. In India non ci si sente mai soli, mai completamente separati dal resto. E qui sta il suo fascino…
In India si è diversi che altrove. Si provano altre emozioni. In India si pensano altri pensieri.Tiziano Terzani
Complimenti Cludia. Il Kerala “la casa di Dio” si legge.
Sono stato nel 2016, guidato da amici, quindi non un viaggio come i tuoi, pieno di “immersioni” nel luogo.
So per certo, perché ho persone del posto che mi hanno raccontato che oltre le meraviglie di questa parte dell’India, il Kerala vive, subisce, anche una sorta di razzismo da parte del nord.
La loro pelle scura è spesso motivo di distinguo tra indiani stessi.
Ci potremmo meravigliare, ma la storia dell’India è un caleidoscopio di lingue, dialetti, colori (anche della pelle).
Allora Claudia, non mi resta che ringraziarti, perché leggendoti, sono tornato in quel punto del mondo.
Un abbraccio da un tuo fan.
Ciao Massimo!
Grazie come sempre per i complimenti, troppo buono. Non sapevo esistesse questa forma di discriminazione nei confronti del Kerala… ma, come dici tu, l’India è davvero un caleidoscopio di genti e colori ed è quello il bello!
Un abbraccio virtuale a te!